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Di Luigi Vivarelli Colonna, altro mio amico affezionato, posso dir poco come collaboratore, giacchè egli gran signore di censo e di abitudini, scriveva soltanto quando glie lo suggeriva l’ispirazione. La Cordelia ebbe l’onore di pubblicare molto spesso i suoi versi eleganti ed armoniosi. Il gentile poeta era di una spontaneità lirica tutt’altro che comune, la quale senza aver nulla che fare con gli ambagi e le leccature dei moderni decadenti, toccava però i limiti più elevati della perfezione formale. Molto semplice e buono di fondo, il Vivarelli Colonna si impettiva qualche volta a cagione del suo nome illustre; ma a fare smussare la breve e innocente alterigia bastava una parola ironica o una stoccatina che lo pungesse un poco. E, allora, ridendo, buttava giù la innocentissima muffa, e ritornava più semplice e più buono di prima.

Una parola anche per venerare la tua memoria, o Agostino Capovilla. Era un giovane professore, gracilissimo di petto, che i capricci ministeriali sbalzavano spesso e volentieri da una città ad un altra. E quei subitanei cambiamenti di luoghi e di clima nuocevano alla sua salute. Pure, quantunque tormentatissimo dal male che gli insidiava la vita e che finì col trionfare, disgraziatamente, sulla sua fibra femminea, il Capovilla è stato uno dei collaboratori più assidui e più fedeli della mia Cordelia. Dotato di un ingegno critico acutissimo e di uno straordinario buon senso che la larga coltura letteraria confortava e avvivava, il Capovilla ha sem-