Pagina:Il Bardo della Selva Nera.djvu/92

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80 il bardo

Avea lacero il crin, smorto il bel viso,
     E su la guancia lagrime e squallore.
     Guatò muta il Guerriero, e il guardo fiso
     420Parea sul volto gli cercasse il core.
     Indi un sospir dal petto imo diviso,
     Mi conosci tu? disse: al suo dolore
     Non ravvisi la madre? e il suo periglio
     Dunque ancora non parla al cor del figlio?
425Tu fra barbare genti, inutil vanto,
     Côgli d’Asia gli allori; e il fero Scita
     Giunto coll’Unno al crin mi sfronda intanto
     Quei che lasciasti nella tua partita.
     Nè questa è tutta la cagion del pianto,
     430Lassa! nè sola è questa la ferita
     Che mi dà morte. I figli, i figli, ahi stolti!
     Spengon la madre in ree discordie avvolti.
Grande, felice, e di valor precinta
     Feci io tutti tremar, mentre fui teco.
     435Or giaccio oppressa, disprezzata e vinta;
     Chè BONAPARTE mio non è più meco.
     Il tuo lasciarmi, il tuo partir m’ha spinta,
     M’ha, misera! sommersa in questo cieco
     Di mali abisso, e dell’uscirne è vano
     440Ogni sforzo, se lungi è la tua mano.