Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/312

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parte prima 237

presero a scrivere i libri sacri. Alcuni pretendono che questi libri fossero trascritti da altri testi, che rimontavano ai tempi del re Vartagâmani (90 av. C.): in ogni modo si asserisce che contenessero gli insegnamenti, che furono portati nell’Isola da Mahindo, inviatovi dal re Açôka l’anno 307 av. C. Questa compilazione fu fatta in Pali, e poi tradotta nella lingua parlata nel Ceylon, ossia in Singhalese. Con l’andar del tempo si perdette l’originale di quelle scritture, e non ne rimase che la versione volgare; la quale venne riportata in lingua Pali da Buddhaghosha. L’età, in cui visse questo celebre religioso, della cui grande attività letteraria fa fede il Mahâvança, è il v secolo. Buddhaghosha, nativo del Magadha, era uomo di molto ingegno, abilissimo nelle dispute filosofiche. Fu convertito da Revata, al quale palesò l’intenzione di fare un commentario generale al Pitakattya o Tripitaka. Revata dissegli che una volta c’era un commento, ossia Atthakathâ, ai testi sacri; ma venne perduto, e nell’India non si trovava più: che si conserva però nel Ceylon, come opera del savio Mahindo; laonde lo consigliò ad andare in quell’isola, e tradurre quella scrittura nell’idioma del Magadha. Buddhaghosha dunque andò nel Ceylon, mentre vi regnava Mahânama; e giuntovi si recò nel grande monastero (Mahâvihâra) della città di Anurâdhapura; e ascoltata la lettura dell’Atthakathâ e del Thêravâdâ (commentari), si persuase che nessun’altra scrittura potea meglio spiegare e chiarire la dottrina de’ testi sacri. Allora manifestò il desiderio di tradurli in Pali, e domandò d’avere tutti i libri; ma i preti singhalesi, dubitando della sua idoneità, non gli dettero da principio che soli due gâthâ o strofe da spiegare, per metterlo a prova. Buddhaghosha, tenuti questi due gâthâ come testo, ci scrisse sopra un’opera intera, aiutandosi con tutto il Tripitaka, e la intitolò Visuddhimagga, che venne ad essere un epilogo del canone sacro. Lesse questo suo lavoro innanzi ai primarii sacerdoti, radunati in assemblea; i quali, meravigliati del sapere e dello ingegno dello scrittore, gli dettero libertà di consultare tutti i volumi, che si conservavano nelle biblioteche