Pagina:Il Buddha, Confucio e Lao-Tse.djvu/520

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parte seconda 443

trina del Tao, il benedetto e il beneficato degli Spiriti celesti, colui, le cui orme sono seguite da una moltitudine di santi. Per la qual cosa Lao-tse, come regola a coloro che traversano questa vita mortale, scrisse novecento trenta libri, i quali trattano dell’arte magica. Vi si parla delle nove specie di panacee, delle otto pietre fatate, dell’ambrosia d’oro, del succo prezioso; e poi anche del modo di conservar la purità originale, di mantener uniti il pensiero e lo spirito, di serbar inalterati gli elementi e la sostanza de’ corpi, di disfare le immagini, di disperdere le calamità, di allontanare il male, di governare i demoni, di nutrir la propria natura, di sopportare l’astinenza del cibo, di trasfigurarsi e trasformarsi, di vincere e soggiogare, e di ridurre in soggezione i demonii e i cattivi Genii. Tutte queste scritture sono notate in un catalogo, con altri settanta libri, pure di Lao-tse, intorno agl’incantesimi e a’ talismani. Tutti gli altri scritti non enumerati nel detto catalogo sono stati aggiunti con frode dai Taosi posteriori, e attribuiti al filosofo, e devono perciò esser al tutto riguardati come apocrifi.1

«Lao-tse era uomo pacifico e indifferente; non aveva desiderii, e solamente attendeva con ardore all’arte di prolungar la vita. Laonde, benchè fosse rimasto in Ceu per lungo tempo, mai non gli venne in animo di cambiare stato nè condizione. Egli procurava che la luce della sua intelligenza non offuscasse le menti volgari, industriandosi in pari tempo che in lui tutto fosse reale


  1. Sarà inutile far osservare, che l’autore di questa leggenda, pure atteggiandosi a critico, attribuisce a Lao-tse una quantità di libri, che egli non ha mai scritti. La sola opera che abbiamo di lui, è il Tao-tê-King, della quale parleremo in appresso.