Pagina:Il Canzoniere di Matteo Bandello.djvu/282

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Il Canzoniere 279

     L’esca porgeva al lasso viver mio:
     Onde tal forza ne prendeva il core,
     Che fra l’acerbe pene
     Mi dava d’ogni strazio sempre oblio,
     10E sol intento er’io
     Al dolce sfavillar di quella pia
     Vista, che ’n terra un Paradiso cria.
Ben mi potea chiamar contento e vivo
     Allor ch’a lei presente
     15Gustava in que’ bei lumi ogni dolcezza;
     Or che mia sorte me ne tiene assente,
     Nè veggio il lume divo
     Questa mia vita il viver più non prezza.
     Nè vita è pur, che mezza,
     20Anzi già tutta è morta. Ahi sorte ria!
     Di me senz’il favor di quel che fia?
Quand’io lasciai sul Mencio quella vaga
     Luce amorosa, allora
     Lasciai la vita innanzi alla mia vita.
     25Quivi da me lontana ella dimora
     Sol di quel lume vaga
     Ov’ogni grazia il ciel tien sempre unita.
     Ivi quel ben s’addita,
     Che fa ch’un uom senz’alma in vita stia
     30E paia vivo come già solìa.
I’ non son vivo, Amor, nè mai potrei
     Viver lontan da quella,
     Che come vuol il cor, or m’apre, or serra.
     Così mi diede il ciel, e la mia stella
     35Il dì, che mi rendei
     A lei del Mencio in la famosa terra.
     Quivi mia pace, e guerra
     Tempra mai sempre, e me da me disvìa