Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/152

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il giugurtino 101

baie, era fuggito d’Affrica. A costui parlò Spurio Albiuo, il quale Io prossimo anno dopo Bestia con Q. Minucio Rufo tenea il consolato, e conformilo che, perocch’era della schiatta di Massinissa, e Giugurta da altrui odio e sua paura sia a mal passo1, ch’egli dovesse domandare dal senato il regno di Numidia. Questo facea il consolo per disiderio di fare la guerra, e di volere muovere le cose2 e non lasciarle invecchiare: chè a lui era diputata la provincia di Numidia, e a Minuzio Macedonia. Le quali cose poiché Massiva cominciò a trattare, e Giugurta dalli suoi amici non avendo sufficiente difeusione, perocché alcuni di loro impedia la rea coscienza, alcuni mala fama e paura; comandò a Bomilcare suo prossimano, e di cui egli massimamente si fidava, ch’egli per pregio, siccome avea fatte fare molte altre cose, ordini aguati» e faccia uccidere Massiva, e massimamente occulto: e, se così non puote, in qualunque modo sia, quello Numida uccida. Bomilcare tostamente adempiette i comandamenti del re, e per uomini artefici3 di questi cotali fatti il suo andare e uscire, e luoghi e tempi tutti fece spiare: e poi là dove il fatto richiedea pose gli aguati. Onde uno di quegli, che a ucciderlo erano apparecchiati, subitamente, e non ben cauto, l’assalì, ed uccise: ma egli fu preso, e,molti dimandando, e specialmente Albino consolo, manifestò chi gliel’avea fatto fare. Onde Bomilcare fu riputato reo, e obbligato a pena, più per modo convenevole e buono, che per sottigliezza di ragione, per tanto, ch’egli era a compagnia di colui, ch’era venuto essendogli data la pubblica fidanza, e avea ubbidito a lui4 Ma Giugurta, ancora che fosse manifesto ch’egli avea fatto questo male, non restò mai di sforzars15 contra quello ch’era la verità, fin tanto ch’egli non s’accorse che sopra la sua grazia e sopra la pecunia era l’odio di questo fatto. E, avvegnach’egli nel primo arrendimento avesse dati degli suoi amici cinquanta statichi6, più guardando egli al regno che agli statichi, sì rimandò Bomilcare in Numidia nascosamente, dubitando che gli altri suoi popolari non temessono d’ubbidirlo, s’egli ne fosse stato punito e morto: e egli medesimo dopo pochi dì ritornò là, essendogli comandato dal senato che si dovesse partire d’Italia. Ma egli, poiché fu uscito di Roma, dicesi che, spesso riguardandola, alla perfine disse: O città vendevole7, e che tosto dèi perire, se troverai compiatore

  1. sia a mal passo) Essere a mal passo vale trovarsi in pessime condizioni: e questo modo fu aggiunto al Vocabolario di Napoli con questo solo esempio.
  2. e di volere muovere le cose ) Muovere qui sta per ri mutare^ cambiare.
  3. artefice propriamente vale escrcitatord}arte qualunque; ma qui è usato figuratamente per autore, operatore.
  4. Onde Bomilcare ec.) Il testo lat.qui legge: Et reus magis ex aequo bonoque, quam ex jure gentium Bomilcar, Comes ejus, qui Ito* mamfide publica venerai. Intendi che Bomil care,come compagno di Giugurta,e che era venuto a Roma sotto la fede publica^ o col salvocondotto, non potea essere preso e giudicato; ma, per l’equità naturale, essendosi latto colpevole, di grave delitto, fu riputato reo, ec.
  5. non restò mai di sforzarsi) Restare, oltre delle altre sue significazioni, si adopera ancora in sentimento di cessare, rifinare e così è da intendere in questo luogo.Coj>i il Boccaccio: Or volesse Iddio che mai ... questa grandine non restasse.
  6. tatico è Io stesso che ostaggio.
  7. vendevole qui è lo stesso che venale; ma