Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/17

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x prefazione

in luce in Genova, che è un volgarizzamento di Sallustio, ed un altro stampato testè in Napoli, che dicesi terminato di comporre il millesettecencinquanta. Queste scritture, quantunque non sieno da confondere, nè da stimar l’una e l’altra del medesimo carato per la lingua, pure amendue son piene di tanto vecchiume di voci, e procedono con tanta contorsione e durezza di stile, che è uno sfinimento a leggerle. Non però di meno il volgarizzamento di Sallustio, dove si vede chiaro che l’autore non è punto pratico della lingua e dell’arte dello scrivere, è stato lodato ed applaudito; e del libretto stampato in Napoli gli editori non si peritano di dire che son certi di fare un presente oltre modo gradevole agli amatori delle lettere italiane, stampandolo, e che certamente sarà per la leggiadria e semplicità del dettato tenuto un ascoso parto di qualche autore del trecento. E questo giudizio tanto più dee far maravigliare, quanto che viene da uomini certamente dotti e di buon gusto, come esser debbono quelli che scrissero quel pulito ed elegante preamboletto, che va innanzi al librettino. Onde io torno pure a maravigliarmi, e lor chiedo sinceramente perdono se per amor della verità e pel bene della gioventù mi feci così liberamente a contrariare il loro avviso. E, se questo par loro che bastar non debba, voglio che del mio giudizio ne appellino a Voi, ed al Bresciani ancora, ed al chiarissimo p. Grossi: chè, essendo oggi quelli e Voi tra’ sopracciò della lingua, potete seder giudici di questo piato, ed io debbo e voglio starmi contento alla vostra sentenza.

Ma, comunque stia la cosa, io credo che ora, che l’amor della toscana eloquenza va sempre più crescendo, si abbia molto a por mente perchè i giovani non pur si guardino dalla licenza, ma non trascorrano nell’affettazione: essendo che Voi ben sapete che agli uomini sovente avviene che, volendo fuggire un vizio, incorrano in un altro. Sicchè quando i giovani passano a leggere gli autori del cinquecento, ne’ quali veramente si dee studiar l’arte del dettare, e tutte le grazie e le leggiadrie dello stile, non altamente che io dissi per gli scrittori del trecento, si ha a fare per questi ancora. E però a me pare che primamente in generale si debba far fare un giusto concetto di quel secolo agli studianti, e lor venir dichiarando che quella fu la stagion delle lettere e delle arti; che tutte le menti allora in Italia quasi ad altro non erano