Pagina:Il Catilinario ed il Giugurtino.djvu/20

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prefazione xiii

figure. Il Tiziano, maraviglioso pel colorito, non fu creduto degno dal Mengs di essere annoverato tra i buoni disegnatori; ed il Vasari riferisce che, avendo egli mostrato a Michelangiolo una sua Leda, questo valente uomo gli avesse detto . . . essere un peccato che esso Vasari in Vinegia, cioè nella scuola dei Tiziano, male imparasse da principio a disegnar bene.

Ma, se si ha a far ben comprendere l’indole del cinquecento a’ giovani, e loro andar mostrando i rari e leggieri difetti degli scrittori di quel secolo, che è il maggiore della nostra letteratura e delle italiane arti, assai più grande diligenza e rigidezza si vuole usare quando quelli si fanno a studiar negli autori dell’età che a quella succedette. Perocchè Voi ben sapete che le scienze allora vennero in onore e fiorirono, ma scaddero le arti e le lettere, e tanto declinarono e si corruppero, che l’Alfieri giustamente ebbe a dire che gl’Italiani di quel secolo non iscrivevano, ma deliravano. Sicchè è forza di dichiarare a’ giovani che a quel tempo, essendo tutti gli animi rivolti alla filosofia ed alla greca ed alla latina erudizione, si credette che queste nobili e gravi materie non convenisse trattarle in volgare, ma in latino, che era tenuta ed era allora la lingua de’ dotti; e però la nostra favella, essendo sol da pochi buoni scrittori usata, se non si corruppe, sol di pochi vocaboli e di pochissimi modi di dire si accrebbe. Ma, per contrario, a quei giorni, tutti gli uomini essendo agitati da una smania irresistibile di novità, e tutti volendo mostrarsi dotti e di acuto e sottile ingegno, lo stile della prosa non meno che della poesia si guastò per modo, che chi più le sue scritture rimpinzava di sbardellate metafore, di sforzate antitesi e di squisiti e falsi concettini, più eccellente scrittore era tenuto. Da’ quali laidi vizii non si seppero al tutto guardare neppure i migliori ingegni di quell’età; onde il Segneri, il Pallavicino ed il Bartoli non ne andarono immacolati. E però, essendo questi, ed il Redi, il Galilei, ed il Bellini, i soli scrittori del seicento che io stimo che si debbano legger da’ giovani, conviene che essi sappiano come si ha a studiarli, e che i maestri lor ne mostrino i pregi ed i difetti, e ne additino le migliori opere. Onde del Segneri vorrei si facesse intendere che, se meno del Pallavicino e del Bartoli ornò il suo stile, d’altra parte fu più severo e castigato; ma non pertanto talvolta si scorge nelle sue