Pagina:Il Marchese di Roccaverdina.djvu/350

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— Chi vi manda? — ella gli aveva domandato, quantunque già avesse capito da chi potessero provenire lettera e cesta.

— Mia zia Spano... Solmo la chiamavano qui. Bacia le mani anche a voscenza.

La marchesa, a quel nome, si era sentita rimescolare.

— Il marchese è in campagna. Volete aspettarlo? — ella disse.

— Aspetterò per la risposta. Mia zia vuole la risposta. Dice: Loro eccellenze devono scusare la sua impertinenza; sono cacicavallo. Qui non ne fanno; per questo si è presa la libertà....

— Va bene. Siete stanco? Mangerete un boccone.

E dato l’ordine alla serva perchè lo servisse in cucina, era rimasta, con crescente turbamento, davanti a quella lettera da lei buttata sul tavolino quasi le avesse scottato le dita.

Che voleva costei? Perchè si faceva viva? Le parve di vederla, a un tratto, aggirarsi di nuovo per quelle stanze dov’era stata quasi dieci anni padrona assoluta della casa e più del cuore del marchese, come a lei, moglie, non era riuscito; le parve che quella lettera e quella cesta nascondessero un tranello per far riprendere a colei l’antico posto, e scacciarne chi vi era divenuta legittima signora. E fissava, con sguardi diffidenti, la cesta dove poteva, forse, essere qualche opera di malìa. Le tornavano