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88 il mistero del poeta

pocastani. Tornando alla carrozza, alzò il viso verso la mia finestra; quindi salì accanto a suo zio. Tutti salutarono e la carrozzella partì.

Dicono che sia piacevole di ricordarsi, nel tempo felice, della miseria; nelle ore più felici mi ha sempre fatto male di ripensare a quella. Il pensiero vi corre ancora, qualche volta; subito un fremito mi prende al petto, mi sento un piombo sul cuore e dico a me stesso: «No, no!» Non è la sola voce mia che dice così nel mio interno; non l’ascolterei, forse; è pure la voce della Diletta. Mi pare che la dolcissima voce abbia lagrime. Cara, io so quanto ti affanni il ricordo di tutto ciò che soffersi, amando te, per la tua resistenza, e ascolterò anche adesso il tuo «no, no» come quando me lo dicevi stringendoti a me in un abbraccio angoscioso; non descriverò quei momenti.

Ell’aveva lasciato una lettera per me. Se, smarrito nelle ombre della notte più nera, vedessi balzar su dall’orizzonte il sole, non mi farebbe un effetto diverso da quello che mi fecero i noti caratteri. Devo anche dire come mi batteva il cuore e che le mie mani tremanti non riuscivano ad aprir la busta?