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102 capitolo terzo


«Questo giovine» diss’egli «è un tale Piero Maironi, di Brescia. Ell’avrà udito nominare la famiglia. Suo padre, don Franco Maironi, sposò una donna senza nobiltà nè ricchezza. Egli allora non aveva più i genitori, viveva colla nonna paterna, la marchesa Maironi, donna imperiosa, orgogliosa.»

«Oh!» esclamò l’Abate. «L’ho conosciuta! Uno spavento! Mi ricordo! A Brescia la chiamavano la marchesa Haynau! Aveva dodici gatti! Una gran parrucca nera! Mi ricordo!

«Io non l’ho conosciuta che per fama» ripigliò don Clemente, sorridendo, mentre l’Abate si faceva passare con una buona presa di tabacco e un mugolio gutturale il cattivo sapore di quell’antipatica memoria.

«La nonna, dunque, non volle assolutamente saperne di questo matrimonio disuguale. Gli sposi furono ospitati da uno zio della sposa, ella pure orfana. Lui, don Franco, si fece soldato nel 1859 e morì di ferite. Sua moglie morì poco dopo. Il figliuolo venne raccolto dalla nonna Maironi e, morta lei, da certi Scremin, suoi parenti veneti. La nonna lo lasciò ricchissimo. Sposò una figlia di questi Scremin, che disgraziatamente perdette la ragione poco tempo dopo le nozze, credo. Lui ne fu afflittissimo, condusse vita ritirata fino a che s’incontrò, per sua sventura, in una signora divisa dal marito.