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nel turbine del mondo 353

alla mala vita. Si spegneva lentamente anche lui, adesso, in quel quarto piano di via della Marmorata, presso all’angolo di via Manuzio, consunto dalla miseria, dalla tabe, dall’animo amaro.

Un singhiozzo irrefrenabile gli ruppe dal petto. Allargò le braccia, raccolse e strinse a sè il capo di Benedetto e subito fece atto di respingerlo, si coperse il viso colle mani.

«Non son degno, non son degno!» diss’egli.

Ma Benedetto gli abbracciò alla sua volta il capo, glielo baciò, rispose:

«Neppur io son degno di questa grazia che mi fa il Signore.»

«Quale grazia?» chiese l’infermo.

«Che Lei pianga con me!»

Così dicendo, Benedetto si levò dall’abbraccio; e durava a fissare affettuosamente il vecchio. Questi lo guardò attonito, come per dire: «voi sapete?» Egli accennò del capo lievemente, silenziosamente, di sì.

Colui non sospettava che il suo passato fosse conosciuto. Abitava lì da tre anni. Una vicina più vecchia di lui, una povera gobbina caritatevole e pia, gli rendeva dei servigi, lo assisteva nelle sue infermità, trovava modo di soccorrerlo con le due lire giornaliere di pensione ch’erano tutta la sua sostanza. Aveva saputo dai portinai ch’egli era un frate sfratato, lo vedeva tanto triste, tanto umile,