Pagina:Il Sofista e l'Uomo politico.djvu/35

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24 Capitolo II.

su tutto? Fa appunto professione di ciò. In tal caso egli dovrebbe saper tutto; e questo è impossibile. E come allora avviene che riescano a dare ad intendere di sapere insegnare quest’arte? Gli è che essi pajono sapere e non sanno. Come è che pajono? (p. 233 C).

Prendiamo un esempio più chiaro. Invece del saper contraddire, prendiamo il saper fare, e poniamo uno che professi di saper far tutto, gli animali, la terra, il cielo, gli Dei, noi che parliamo. Uno scherzo? Sia pure. Per mezzo delle arti grafiche, per esempio, egli può imitar queste cose, e mostrando i disegni da lontano ingannar gli inesperti. Ebbene, come gli occhi con false immagini, così si possono ingannar gli orecchi con falsi discorsi. E poichè il sofista imitando inganna, egli è dunque un incantatore e un imitatore, in altre parole un giocoliere (p. 235 A). Potremmo contar questa come una settima definizione.

Per coglierlo poi nella sua caratteristica più particolare, si procede col solito metodo alla bipartizione dell’arte imitativa. E subito ne abbiamo due specie, quella che copia secondo le esatte misure e quella che rende le parvenze, e le misure le altera. Una statua sopra una colonna dev’essere più lunga del naturale perchè la si vede di sotto in su. L’arte del sofista è di questa specie seconda? (p. 236 C).

A questo punto il Forestiero si ferma, perchè gli si para innanzi una difficoltà, la soluzione della quale occupa il resto del dialogo, anzi ne è la parte sostanziale e capitale.

Si è parlato di parere e non essere, di dire bensì ma non di dire il vero: ma si può egli pensare o dire che il falso esista? (p. 236 E). Ecco il problema.

Esso dopo un lungo ragionamento viene risolto affermativamente: il falso è, e lo si dimostra provando che le specie-idee, come l’Essere e il Non essere, sono



    del sofista: a ogni modo egli si può intendere sempre compreso nei generi da cui si deriva questa specificazione.