Pagina:Il Sofista e l'Uomo politico.djvu/48

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Analisi. 37

tempo ed esso si va sempre più allontanando dalia memoria di quel governo, più e più prevale in lui l’elemento corporeo, che è quello del disordine, fino a che verrebbe a rovina, se Dio avendone pietà non ne riprendesse il timone e voltatolo del tutto non lo rimettesse sulla sua strada (p. 273 E). E qui, dopo un breve quadro dei mutamenti che avvennero quando il mondo cominciò a girar da sè stesso, si comincia a notare innanzi tutto che, come il mondo, così anche gli uomini rimasero abbandonati dal loro dèmone custode, e perciò sperduti e indifesi. E sarebbero periti, se Prometeo non avesse loro dato il fuoco, Efesto e Atena le arti, altre divinità i semi e le piante, quelli che in generale si chiamano doni degli Dei (p. 274 D).

Che cosa si ricava dunque da questo mito per il nostro proposito? Innanzi tutto che cercando noi il re e l’uomo politico abbiamo trovato il pastore di popoli, ma il pastore dell’altro ordine mondano non del nostro, e, ciò che è più grave, un Dio invece di un uomo. Oltre di questo non abbiamo saputo determinare la natura delle sue funzioni. Vediamo dunque in che differisca il re dal divino pastore e definiamolo meglio (p. 275 C).

Intanto abbiamo errato quando abbiamo compreso il re nell’arte di mantenere1 la greggia: egli non la mantiene. Bisognava scegliere un altro vocabolo più generico, per esempio prendersi cura, se si voleva comprendere in quella classe anche lui; e le altre sottodivisioni sarebbero rimaste le stesse, tanto da comprendere parimente ancora nello stesso vocabolo tanto la autorità regia d’ora quanto quella del tempo di Crono. Col vocabolo cura o governo poi evidentemente nessuna altra arte sarebbe venuta in concorrenza con la regia, come poteva venire con allevamento o mantenimento (p. 276 B).

Oltre di ciò anche questo allevamento stesso, o come ora diciamo meglio, questo governo bisognava e bi-

  1. Cfr. p. 261 D e la nota.