Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu/22

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14 IL VENDEMMIATORE

XXXIII.


    Anzi chi perde l’un, mentre è nel mondo,
Non speri dopo morte l’altro bene;
Perchè si sdegna il ciel dare il secondo
260A chi il primiero don caro non tiene.
Così credendo alzarvi, gite al fondo;
Ed a i piacer togliendovi, alle pene
Vi condannate; e con inganno eterno,
264Bramando il ciel, vi state nell’inferno.

XXXIV.


    Voi siete al mondo, voi, chi ben misura,
E non il tempo, le nimiche vere:
Il tempo rende al mondo ciò che fura;
268Quel che furate voi, non può riavere.
Oh quanto, più che voi, deve natura
Amar gli augelli, i pesci, i buoi, le fere;
Nè questi pur, ma più che voi, le piante,
272Ch’eterne serban le sue leggi sante!

XXXV.


    Co i fidi amanti lor volan gioconde
Le semplici colombe, in ciò ben sagge;
Segue l’accesa femmina per l’onde
276Il maschio pesce, ed ove vuol, la tragge;
Mugge la vacca, ed al torel risponde,
Che chiamando la và per boschi e piagge:
L’empia leonessa al suo leon si piega,
280E voi più dure siete a chi più priega?