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IL BUON CUORE 13


disprezzare, a sanamente goderla anche contro le paurose rinuncie dell’ascetismo, ma sopratutto ad ornarla ed onorarla con opere alte e degne, ad intenderla con retta coscienza del nostro destino e di ciò che dobbiamo agli altri, ai venturi, a quel magnifico mondo, di cui siamo atomi e che è la civiltà umana; a lasciare, piccola e grande, la nostra orma di bene, a dar, come onde che passano, il nostro colpo umile o forte alla ruota perenne della storia: onde quel che altri ci imputa come materialismo di bruti, si traduce nel più nobile e fecondo idealismo».

Una parola qui pel prof. Zibordi: egli cade nel difetto così frequente in chi discorre della religione cattolica, senza conoscerla pienamente, senza abbracciarla in tutti i suoi lati, considerandola da un punto unilaterale, che è la verità, ma che cessa di esserlo, quando si presenta come fosse tutta la verità. È vero che la religione cristiana insegna a disprezzar la vita; ma insegna a disprezzarla ne’ suoi piaceri non ne’ suoi doveri, ne’ suoi pericoli non nelle sue giuste compiacenze, a disprezzarla quando il suo amore ci distacca dall’amor di Dio, non quando ci porta al suo amore. Chi più amò la natura di Francesco di Assisi, che chiamava fratello il lupo, sorelle le tortorelle; di Francesco di Sales che piangeva alla vista di un fiore? Il suicidio, questo odio massimo della vita, sono i principi religiosi cattolici che che lo inspirano? Anzi, la verità è tutto il contrario.

L’oratore, procedendo nella sua conferenza, ha dimostrato la fermezza, la conseguenza, la continuità di pensiero di tutta l’opera del Carducci, che dopo aver nella sua giovinezza inneggiato a Satana, che per lui è un’alta idealità umana, anzi la idealità stessa, nobiltà e forza dei popoli, riconobbe la funzione storica della Chiesa.

Questa tesi è così dimostrata dallo Zibordi, mescolando insieme a molte cose buone, alcune non buone; che i lettori sapranno facilmente distinguere, e mettere da parte.

«Leggiamo la Chiesa di Polenta, quella che a non pochi parve il canto del cigno stanco ed infiacchito, il contrapposto dell’altera e vigorosa baldanza spregiudicata del Clitumno.

«Quivi la funzione storica della Chiesa è schiettamente riconosciuta.

«Lì: nel deserto del Medio Evo, nelle terre devastate dai barbari, sulle rovine dell’Impero disgregato e disperso, la Chiesa offrì ai vinti, spauriti italici, misti agli eredi dei conquistatori, quell’asilo, quel legame, quel crogiuolo, onde usci la coscienza di una nuova unione, e ove, fuso nei suoi vari elementi, si elaborò nacque il Comune: quell’alta autorità spirituale, ond’esso potè surgere e levarsi «nero e turrito» di contro alle roccie della feudal prepotenza. Ma qui pure, e con accenti forse più fieri, il Cristianesimo barbaro, sucido, antiestetico, vandalico, è sfolgorato dal Poeta. E se alla Chiesa vien qui riconosciuto l’ufficio che in altri tempi, unendo le stirpi italiche contro Annibale invasore, ebbe il Nume indigete del Clitumno, non però vien taciuta la triste e non estetica verità dell’altro aspetto come, esprimono i notissimi versi:

Ma sui dischiusi tumuli....

«Tale è quella Chiesa di Polenta che per la data e per la chiusa parve a taluni un ritorno all’ovile. Ma già ben prima, e fino dalla Canzone di Legnano, ch’è del 1876, come nel Comune Rustico, come nei Campi di Marengo, l’idea cristiana e la fede religiosa è mescolata ed avvinta all’idea della libertà e della patria. E S. Ambrogio fu rifugio ai Milanesi, cacciati dalle loro città. «Ci abbracciammo agli altari ed ai sepolcri» dice Alberto Da Giussano, e La Passion di Cristo, nella domenica triste degli Ulivi, è accomunata al dolore della patria, come, sui Campi di Marengo, la vittoria della Lega lombarda su Federico respinto dai mal tentati valli d’Alessandria, è associata alla resurrezione di Gesù:

Diman Cristo risorge: della romana prole
Quanta novella gloria vedrai dimani, o sole!

«E nel Comune Rustico il Console è quasi un sacerdote:

Questo al nome di Cristo e di Maria
Ordino e voglio che nel popol sia.

«Nel che il Cristianesimo, oltre che nella forza di coesione e di autorità spirituale della Chiesa, ci appare anche, come elemento sociale di egualità e di giustizia, in un ritorno alle prime sue origini di comunismo.

«Gli è che la Chiesa fu anch’essa una grande energia morale, quando, col vincolo di una fede sinceramente sentita, unì gli uomini dispersi, soddisfece il loro bisogno d’idealità, diede all’individuo la coscienza della sua comunione con i suoi simili, il senso di non esser solo e smarrito sulla terra, ma di essere parte di un tutto, in una continuità ed ampiezza di vita, che lo avvince ai lontani, agli antenati ed ai venturi, nella grande catena della Storia.

«E sa questa forza morale e a questa funzione della chiesa, al cadere del medioevo, il poeta s’inchina, auspicando nuove fedi ed idealità nuove, ond’esca ancora agli uomini luce e vita.

«Due dii dunque, due Cristi, due Chiese sembrò, avere il Carducci, nella complessa visione della sua opera storica e poetica: quelli, su cui ebbe un giudizio solo e un odio unico, furono i preti come organizzazione chiericale. Egli gli odiò, soprattutto, egli idealista nobilissimo, — perchè per lui rapprentavano il commercio della fede.

«Ma combattendo, con immutata fierezza i preti nemici di ogni civiltà (con tutto quel pò pò di bene che il Carducci stesso ha detto che i preti han fatto?) il Grande, ammoniva che bisogna credere in qualchecosa, aver un ideale che trascenda l’io, l’interesse proprio e immediato: e in ciò è, in fondo, la legge stessa della civiltà, della «Società» della solidarietà umana, che è senso dei diritti e dei doveri, ch’è bontà, ch’è giustizia, che si fa eroismo, sacrifizio, martirio.

«Or questo nobilissimo Dio noi facciam nostro, e l’adoriamo come la ragione stessa e la forza delle nostre aspirazioni e del nostro lavoro verso una ideale civiltà superiore, in cui diritto e dovere, uomo e società, cittadino e nazione, patria e umanità si armonizzino in un ordine e in un equilibrio universale e