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110 IL BUON CUORE


L’uomo religioso, che ha vissuto e vive intensamente la sua fede, che è passato per le vie dolorose sulle quali fiorisce e si fortifica la virtù, che traverso quelle è giunto a ineffabile unione con Dio, l’uomo religioso è apostolo e di apostolo ha la missione. Ai discepoli, provati e riconfortati, Gesù dice: Come il padre mandò me, io mando voi.

Non basta udir la parola di Cristo, bisogna viverne, per predicarla efficacemente, per conquistare le anime e diffondere il regno! E questo compito di predicazione della verità e del bene è compito d’ogni cristiano. Non stanchiamoci di ripetere questa verità e cerchiamo di pienamente comprenderla.

Che mutamenti bisognerebbe fare nella nostra vita per rispondere alla nostra vocazione! Che fede bisogna avere, per poterla diffondere! Che virtù luminosa per attrarre! Che ricchezza interiore per avvincere al bene le anime, strappandole alle lusinghe del mondo!

Riflettiamo bene se noi, così come siamo, possiamo crederci pronti ad eseguire il divino comando, pronti per andare ai fratelli nel nome di Dio?

Che tristezza esce da una schietta investigazione della nostra coscienza!

I primi cristiani eran chiamati santi: potremmo noi non arrossire, non reagire se si volesse chiamarci così!

«Quale spaventosa mutazione nella faccia del cristianesimo!»

La frase, che trascrivo da un vecchio libro di meditazione, è sempre dolorosamente vera!

Ricordiamola e questo ci sia di stimolo a rendere alla chiesa la sua più fulgida gloria, quella della santità de’ suoi figli!

Lo spirito di Gesù vive ancora ne’ suoi Santi, in quelle anime di elezione, che Dio non lascia mancar mai agli uomini e che sono come scaglionati lungo i secoli per rispondere ai più alti e sacri bisogni dell’umanità. Essi stanno come tra la terra e il Cielo per accogliere ogni miseria e distribuire soccorsi divini, non tocchi dalle bufere terrene, noncuranti di sè, vibranti di carità.... Chiediamo a Dio che ci indirizzi a chi sappia scuoterci, che ci invii i suoi messaggeri di luce: a questa preghiera sincera non manca l’esaudimento, e poi, poi siamo docili e risorgiamo anche noi!

Gli apostoli, dopo la gioia della risurrezione sono uomini nuovi: han ricevuto lo Spirito Santo, che li ha mutati, trasformati. Essi non conoscon più Cristo secondo la carne, ma secondo lo spirito e grandi per questo ingrandimento interiore escono a predicare nel mondo il risorto.

Che mutazione meravigliosa!

E che monito a non impicciolire, a non materializzare la nostra fede!

Noi siamo così piccini che rendiam tutto meschino e non notiamo nemmeno più come contraffaciamo e guastiamo le cose più grandi. Noi non vediamo il male che facciamo con la grettezza dei nostri giudizi, con la povera limitazione della nostra pietà, ma chi, non essendo
ancora forse con noi e pur desiderando d’accomunarsi con noi, ci osserva con occhio vigile, rimane contrariato e s’allontana.

Dio è così grande! Non circondiamolo delle nostre deficenze! Noi, che dovremmo essere gli strumenti suoi per conquistare le anime, cerchiamo di non diventare invece di ostacolo alla conversione del mondo...

Cristo è risorto. Egli non va più pellegrino per le contrade della Palestina, non avvicinando che poche popolazioni, non chiamando a seguirlo che poche persone; Egli chiama gli uomini di tutte le nazioni, di tutti gli stati.... La voce che risonava in Terra Santa ora parla al cuore degli uomini su tutta la terra.... Che diffusione magnifica! Che pensiero solenne!

Che la nostra fede s’allarghi, si elevi, si ingigantisca, arrivi a tutti.... Che i Cristiani non siano indegni più del loro Signore risorto!

Il centenne Abate ANTONIO CAMPANELLA

PRIORE DI N. S. DEL CARMINE A GENOVA

Una spiccata personalità, una popolare figura di parroco è scomparsa, rapita all’amore dei numerosissimi parrocchiani e dei sinceri ammiratori, che nell’arguta fisionomia dell’abate Campanella ritrovavano l’antico stampo del genovese sacerdote, di cui ancora e forse solo, rappresentava il tipo.

Nato il 2 marzo 1811, ed avviato al sacerdozio, spese i suoi lunghi anni in pro’ della Chiesa e delle anime. Maestro in prima nelle civiche scuole, educò alla religione e all’onor di Genova ed al culto della patria i fanciulli a lui affidati: sinchè l’em.mo cardinale Tadini, arcivescovo, lo volle professore di umanità in seminario.

Succeduto al cardinale, nel governo della diocesi mons. Andrea Charvaz, ben presto ne apprezzò il carattere franco e schietto e l’alta elevatura mentale.

E qui non possiamo tralasciare di rilevare che l’abate Campanella, mentre insegnava eloquenza in Seminario, coadiuvò la stampa cattolica, e forse pochi ricordano ch’egli nell’arringo giornalistico vi ebbe compagni il sac. D. Filippo Storace e l’Alimonda in momenti nei quali era assai pericoloso l’esporsi allo sbaraglio della stampa.

Monsignor Salvatore Magnasco, il cui nome non è mai dimenticato dal clero e dal popolo, nutrì per lui stima ed amicizia veramente fraterne. A lui si rivolgeva per consigli e gli affidava a risolvere quistioni rilevanti. Lo voleva quindi a professore di sacra eloquenza nel Seminario, conoscendone la precisione letteraria, cosa che ad alcuno parve spinta sino allo scrupolo, ed il gusto classico nella sacra oratoria. La sua classicità specialmente nella letteratura greca, latina ed italiana fu apprezzata molto da uomini competenti, che furono e sono gloria di Genova e dell’Italia.

Chiamato dall’arcivescovo monsignor Magnasco a succedere nella cura parrocchiale al fratello D. Gerolamo, aquila tra gli oratori genovesi del tempo, suo impe-