Pagina:Il buon cuore - Anno IX, n. 20 - 14 maggio 1910.pdf/1

Da Wikisource.
Anno IX. 14 Maggio 1910. Num. 20.


Giornale settimanale per le famiglie

IL BUON CUORE

Organo della SOCIETÀ AMICI DEL BENE

Bollettino dell’Associazione Nazionale per la difesa della fanciullezza abbandonata della Provvidenza Materna, della Provvidenza Baliatica e dell'Opera Pia Catena

E il tesor negato al fasto
Di superbe imbandigioni

Scorra amico all’umil tetto .....

ManzoniLa Risurrezione.

SI PUBBLICA A FAVORE DEI BENEFICATI della Società Amici del bene e dell'Asilo Convitto Infantile dei Ciechi
La nostra carità dev’essere un continuo beneficare, un beneficar tutti senza limite e senza eccezione.
RosminiOpere spirit., pag. 191.

Direzione ed Amministrazione presso la Tipografia Editrice L. F. COGLIATI, Corso Porta Romana, N. 17.




SOMMARIO:


Educazione ed Istruzione. —G. Gabasino Renda. Le ultime ore di Massimiliano — Offerte per l’Opera Pia Catena — Piccolo Eroe?... ― Casa famiglia per impiegate.
Religione. —Vangelo della Solennità di Pentecoste — Angelo Maria Cornelio. Vittoria Aganoor — A. M C. La morte di Gerolamo Rovetta. Per l’Asilo Convitto Infantile dei Ciechi.
Società Amici del bene. —Appello di carità — Per la Provvidenza Materna — Francobolli usati.
Notiziario. —Necrologio settimanale — Diario.

Educazione ed Istruzione


Le ultime ore di Massimiliano

Si è pubblicato per la prima volta un manoscritto del barone von Fürstenwäther che, prima ufficiale nell’esercito austriaco, passò poi nell’esercito messicano e durante gli ultimi mesi di regno dell’imperatore Massimiliano fu costantemente nell’«entourage» dell’infelicissimo Sovrano e gli fu accanto anche nel giorno fatale in cui egli cadde fucilato a Queretaro.

La pubblicazione è interessante non solo perchè è assolutamente inedita, ma anche perchè ci dà della fatale estrema giornata di Massimiliano un racconto di un testimone oculare — racconto che mentre dà dei particolari completamente nuovi, viene anche a rettificare in parte i racconti leggendari che sono corsi finora sulle ultime ore dello sfortunato Imperatore.

È interessante la pagina in cui è raccontata la scena dell’esecuzione:

«Il 19 giugno era giunto. La popolazione di Queretaro alla mattina della fatale giornata appariva assai triste. Anche i soldati — che erano al comando del generale Escobedo — parlavano poco e a bassa voce. Per fortuna il generale Corona e la Legione americana erano per tempo partiti per la capitale. Costoro erano infatti avventurieri che avevano reso, è vero, buoni servizi alla causa liberale; ma sarebbero stati forse amici pericolosi se avessero assistito a quanto si svolse quel giorno.

«I prigionieri lasciarono il convento dei Cappuccini, che era il loro carcere, alle sei e mezza del mattino —
un mattino così puro e chiaro che appena l’Imperatore Massimiliano mise piede fuori della porta ed alzò lo sguardo al bel cielo ridente, si volse all’avv. Ortega che gli camminava a fianco, dicendogli:

«— Che bel cielo! così io l’avevo sempre desiderato nel mio ultimo giorno.

«Massimiliano si era già congedato da tutti i suoi amici. Il suo ultimo colloquio col principe Salm era avvenuto senza alcun testimonio.

«Ognuno dei condannati salì in una carrozza insieme al proprio cappellano. Tutte e tre attorniate da una forte scorta, giunsero quasi contemporaneamente alla Piazza San Francesco, da dove si diressero fuori la città, seguite da una folla enorme, variopinta e strana, nella quale si accumunavano soldati, borghesi, donne, ragazzi, bianchi, indiani, meticci. La folla si recava pure verso la piazza destinata all’esecuzione. Si vedevano molti occhi bagnati di lagrime, molte donne singhiozzavano, altre intonavano preghiere o lamenti, mentre la maggior parte degli uomini procedevano a capo basso, accigliati. Soltanto i soldati mostravano una certa indifferenza.

«Fuori la città si trovavano quattromila soldati in assetto di guerra che attendevano il tragico corteo.

«Tutti e tre i condannati erano vestiti di nero in borghese. Il generale Miramon era il solo dei tre che non apparisse triste e pensieroso. Egli guardava curiosamente fra il popolo accalcantesi intorno, come se vi cercasse qualcuno — e fu visto anzi una volta a salutare con la mano. Il suo viso, sebbene deturpato da una ferita sotto un occhio, conservava tutta la sua maschia bellezza. Il generale Meja era invece silenzioso e cogitabondo e sembrava non accorgersi della folla: il suo viso accigliato era piegato sul petto. Tuttavia egli non era accasciato: una vecchia malattia inguaribile lo aveva troppo assuefatto all’idea della morte perchè egli potesse averne paura. L’Imperatore aveva negli occhi un’espressione che quanti l’abbiamo visto in quel momento non dimenticheremo mai, finchè saremo in vita. Nel momento in cui la sua carrozza lasciò la piazza, pareva che egli cercasse qualcuno; forse i suoi cari, che erano invece in quel momento tanto lontani....

«Precisamente ad un centinaio di passi dal posto in cui Massimiliano il 15 maggio si era arreso, le carrozze