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251 IL BUON CUORE


dopo una serie di ricoveri e dimissioni dall’ospedale cessa l’ammalato di essere un valore produttivo utile a sè, alla famiglia, al Paese e finisce col gravare sul passivo sociale, il sanatorio popolare raggiunge un obbiettivo economico col restituire alla società degli individui sani o per lo meno abili ancora al lavoro per un largo periodo di tempo.

La Germania, che possiede un gran numero di sanatori popolari, ci fornisce anche preziosi dati statistici. Per attenerci solo a cifre ufficiali e sicure ricordiamo che l’Ufficio imperiale tedesco di assicurazione operaia obbligatoria ha dimostrato che degli operai curati nei sanatori il 77,2% riacquistavano intera la capacità al lavoro, e che dei trattati del 1903, alla fine del quinto anno dalla cura il 45% conservavano tale capacità.

E si noti che le cure sono da questi istituti limitate alla durata di tre mesi. Dalle stesse statistiche il Bielefeldt ha calcolato che dei 160.000 curati dal 1897 al 1906, quando meno rigorosa era la selezione dei malati, per cui ben 2/3 dei ricoverati nei sanatori erano già entrati nel secondo o nel terzo stadio della malattia, il 34% erano ancora capaci di guadagnarsi la vita dopo 5 anni dalla cura: d’altra parte il Gabhard in seguito alle cure sanatoriali osservò una diminuzione del 22% delle pensioni di invalidità pei tubercolosi.

La Lombardia possiede ora due sanatori per tubercolosi destinati ai poveri e ai meno abbienti: uno nella bassa Brianza, presso Vimercate, l’altro nell’Alta Valtellina: sarà interessante conoscere fra qualche anno dai dati statistici dei due istituti, quale coefficiente rappresenti la cura di altitudine nel nostro clima. E’ da augurarsi che anche da noi, come in Germania, vengano accuratamente raccolti e studiati questi dati statistici, che varranno ad indirizzare sempre più la pubblica beneficenza verso istituzioni che hanno uno scopo così altamente sociale e umanitario. Religione


Vangelo della domenica dodicesima dopo Pentecoste


Testo del Vangelo.

Diceva il Signore Gesù ai suoi discepoli: Io vi dico, che, se la giustizia vostra non sarà più perfetta di quella dei Scribi e dei Farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete sentito, ch’è stato detto agli antichi: Non ammazzare; e chiunque avrà ammazzato, sarà reo in giudizio. Ma io vi dico, che chiunque si adirerà contro del suo fratello, sarà reo in giudizio. E chi avrà detto al suo fratello raca, sarà reo nel consesso. E chi avrà detto stolto, sarà reo del fuoco della gehenna. Se adunque tu stai per fare l’offerta all’altare, e ivi ti viene in mente che il tuo fratello ha qualche cosa contro di te, posa lì la tua offerta davanti all’altare, e va a riconciliarti prima col tuo fratello, e poi ritorna a fare la tua offerta.

S. MATTEO, cap. 5.

Pensieri.

«Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli Scribi e dei Farisei non entrerete nel regno dei cieli».

Quell’ideale morale che era il culmine a cui era giunta la pietà farisaica viene dichiarato insufficiente da Gesù.

— Non ucciderai — veniva detto all’uomo antico e questo comando, che s’opponeva alla forza, alla prepotenza bruta, che richiedeva uno sforzo per l’uomo rozzo e ancor tanto terreno, è comando che, per Gesù, scaturisce dalla stessa legge di natura..... L’uomo religioso deve superarlo, l’uomo spirituale deve dare ed esigere di più. E Gesù esige una mitezza interiore che dice la vigoria dello spirito, la sua guadagnata supremazia sulla natura bruta....

Com’è grande questo progredire di ideali morali e religiosi nella storia dell’umanità! E come questa meditazione ci apre, elevandoci, nuovi orizzonti, ci lascia intravedere cime sempre più eccelse!

Portiamo, in questo senso, su di noi stessi la nostra meditazione, vediamo se noi rispondiamo sempre volonterosi ad ogni nuova richiesta morale; se ad ogni illuminazione, ad ogni rivelazione interiore che ci invita a salire, siam pronti ad accorrere, o, piuttosto, non ci indugiamo nelle bassura abituale.... e troviamo importuna la chiamata divina!

Come si sviluppa, con gli anni, il nostro corpo, come s’irrobustisce e s’apre la nostra intelligenza così si perfeziona e si completa anche il nostro ideale del bene.... è una continua ascensione. Dio ci dà luce e se noi la traffichiamo Egli torna a noi con luce maggiore... è come una rivelazione continua che ci porta a rifarci sempre daccapo o meglio a trovarci, quando ci si credeva arrivati, a un altro punto di partenza....

Ciò risulta all’esperienza nostra se, noi viviamo in qualche modo un po’ di vita interiore.... E noi attueremo i disegni di Dio su di noi, se risponderemo alle sue chiamate.... chiamate che si fan più forti, più profonde di volta in volta....

Se la tua giustizia non sarà superiore a quella dei mondani, a quella di coloro che non hanno avute tutte le grazie che hai avuto tu, non entrerai nel regno dei cieli.... mi pare dica il Vangelo a ciascuno di noi!

Oh, noi siam pronti a godere le dolcezze della grazia, la magnificenza della luce di Dio e ce ne lasciamo inebriare e crediamo che questa accoglienza festosa al vero, al buono, sia sufficiente.

No, non basta: la grazia, la luce, appunto perchè doni preziosi, sono anche, per noi, una grande responsabilità. Pensiamoci, e vediamo fin dove dobbiamo spingere la nostra riforma interiore, per rispondere, ciascuno di noi, alla luce che Dio ci ha riserbato.

Gesù porta l’attenzione de’ suoi seguaci dagli atti esterni, ai sentimenti interiori. E poi inculca che gli atti esterni di ravvedimento non giovano se manca la pace, l’amore nel cuore.