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390 IL BUON CUORE


del suo figlio maggiore. E con questa lettera in mano il frate si avvia alle porte di Monymusk, castello o palazzo in cui ogni oggetto molto bene ricordato gli richiama le care memorie della sua puerizia.

Introdotto come amico e messaggero di P. Arcangelo e sempre bellamente vestito da brillante cavaliere, presentò alla castellana la lettera di cui era latore; e dopo poche parole di rimpianto e di biasimo per l’ingratitudine di Giorgio, si ebbe dalla padrona il benvenuto. Un sontuoso banchetto fu subito approntato in onore del creduto amico del figlio primogenito, e a tavola sedeva pure, benchè agli ultimi posti, un ministro protestante salariato dalla casa in trecento scudi l’anno.

Nel soggiorno di qualche settimana il finto cavaliere amico di Giorgio riuscì a rendersi caro a tutti, guadagnandosi in particolare l’affetto del fratello minore, al quale regalava il dono avuto a Londra, il suo stesso cavallo. La madre sentivasi stranamente attirata a lui quando essa, non veduta, ode per caso una domanda che Padre Arcangelo indirizzò ad un servo circa la colombaia che era stata tolta dal suo antico posto, intuisce in parte l’identità del forestiero. E pressato da domande più esplicite, il frate rivela finalmente il suo essere, e il figlio si getta tra le braccia della madre che cade svenuta. Intanto la nuova degli avvenimenti del castello giunge all’orecchio dei signori che abitano nei dintorni, ed essi si affrettano a far visita e congratulazioni. La sera lumi e fuochi d’artificio vengono accesi lungo le merlature del castello e gli abitanti scaricano le loro colubrine sul piazzale e lanciano in aria dei razzi invitando le stelle del cielo a prendere parte alla loro gioia. Il fratello convertito ebbe il perdono materno e fu riammesso al castello e tutti erano raggianti di letizia, eccetto il livido ceffo del ministro protestante che assalito come da una furia d’abisso, si struggeva di dolore e di rabbia. L’attitudine della madre verso i Cattolici si trovò alquanto modificata; ma inasprito invece l’animo del calvinista che, da questo momento, impegna il più fiero duello di controversie col Padre Arcangelo in materie religiose. Era appunto quello che il Missionario desiderava. Il ministro protestante toccò la peggio; e la madre presente alle discussioni, finalmente potè vedere la verità della fede cattolica, e fatta la sua abiura, trasformò il castello in Casa di Missione. E il Missionario se ne prevaleva, facendo del castello il suo quartier generale, il centro dei suoi lavori apostolici che gli fruttarono la conversione di più che tremila persone dei dintorni.

Dopo che P. Arcangelo si trovò impegnato per un paio d’anni nelle sue fatiche apostoliche con gran frutto delle anime, ecco uscire un editto reale con cui si dava il bando a tutto il clero cattolico. Il cappuccino si ritirò per alcun tempo in Inghilterra dove era meno conosciuto. Un giorno ebbe la ventura di incontrarsi con un vescovo anglicano che cavalcava in mezzo ad un gran seguito, tra cui eravi per caso il ministro protestante veduto in casa di sua madre. Il riconoscimento fu mutuo, e un distaccamento di venticinque uomini di cavalleria fu subito spedito ad arrestare il frate; ma questo fu in tempo a fuggire, benchè colla perdita di
tutto il suo bagaglio contenente tra altro dei manoscritti preziosi ed un calice.

Alquanto dopo viene richiamato a Roma a purgarsi avanti la Propaganda di talune accuse mossegli contro, come, una eccessiva libertà di maniere, e d’aver approfittato indebitamente della residenza sua in famiglia. Mettendo piede sul suolo francese, abbandona le vesti e la spada del cavaliere e riprende il saio cappuccinesco. In Italia, trova che infierisce la peste, e mentre è dedito al servizio degli ammalati, riceve dal suo superiore la notificazione che è al tutto scaricato delle accuse. È nominato Guardiano di S. Giorgio nella diocesi di Fermo ove trova l’arcivescovo che divenne poi il suo biografo, cioè Monsignor Gio. Battista Rinuccini. Questi preso al racconto di tanti casi, si accinse a consegnarli alla stampa con un libro voluminoso dal titolo: Il Cappuccino Scozzese. Tal libro venne ripetutamente ripubblicato con aggiunte e varianti anche durante la vita del Rinuccini; poi dal libro si cavò un lavoro teatrale anche «Il Cappuccino Scozzese in scena» con la seconda parte e sua morte non mai più stampata da dopo il 1673. Naturalmente, venne tradotta in diverse lingue. L’autore della traduzione francese del 1650 assicurava i suoi lettori: «Le sujet en est d’autant plus merveilleux, qu’ il se soutient toujours de lui-même sur un fondament inébranlable. C’est la verité toute pure.» La più recente apparizione di questa Vita, è in un riassunto dell’American Cattolic Quarterly Review, vol. XXXIII del 1908, col titolo: L’apostolo della Scozia.

(Continua).

Comitato delle Scrittrici in braille


Lunedì, 28 u. s., questo Comitato, passato il periodo delle vacanze, tenne la sua prima seduta, coll’intervento della Presidente Contessa Albertoni, della vice Presidente Contessa Giulini Airoldi, della Segretaria Matelda Cairati, che riferì sui lavori compiuti o ancora in corso di trascrizione, avvertendo che nuove domande di inscriversi nel numero delle trascrittrici erano sopravvenute.

Annunciamo anche che alcune signorine si sono offerte di venire all’Istituto, nelle ore libere, a fare alle allieve la lettura di libri istruttivi e dilettevoli.

INAUGURAZIONE.

Domenica, 4 corrente mese, alle ore 14, nel salone dell’Asilo Infantile, alla presenza del Consiglio dell’Istituto dei ciechi, e del Comitato fondatore, ed ora protettore, dell’Asilo stesso, verrà inaugurata una lapide che ricorda insieme la fondazione dell’Asilo e la sua aggregazione all’Istituto.

Il Consiglio propose e la Giunta Amministrativa approvò che l’Asilo venisse chiamato Asilo infantile Luigi Vitali, dal nome del fondatore.