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36 IL BUON CUORE


Per l’Asilo Infantile Convitto Luigi Vitali pei bambini ciechi


OBLAZIONI.

G. C. per il genetliaco di C. C. M. |||
 L. 10 —
Signor Carlo Ponti, desideroso di onorare la memoria della sua dilettissima madre
Gina Ponti Carmine resasi defunta il 12 gennaio, offre
 
|||
   » 100 —
Residuo interessi del libretto per la Messa d’oro |||
   » 32 41
Adele Cesaris Beretta, per un letto che porti la frase «per ricordare una data» offre |||
   » 100 —

SOCI AZIONISTI.

Prima rata.

Nob. signorino Ercole Perego di Cremnago |||
   » 5 —

Prima rata, secondo quinquennio.

Donna Emma Perego di Cremnago |||
   » 5 —
Signorina Sofia Osculati |||
   » 5 —

Educazione ed Istruzione


UNA PIETOSA AVVENTURA DEL POETA MILLEVOYE


(Continuazione e fine, vedi n. 4).


Il racconto del custode del cimitero impressionò vivamente Millevoye che giurò di adoprarsi a lenire quel così eccezionale dolore, a qualunque costo. La giovane madre era troppo degna di pietà e inspirava al poeta troppo ardente simpatia perchè dovesse passar oltre senza tentare di consolarla.

Pensò a lungo; e fecondo di trovate e di risorse, non tardò a trovare di che formare il suo piano. Convenne col custode che lo assecondasse, dietro un giusto compenso, nel tentativo di ricondurre quella sventurata alla ragione e ad una relativa pace; indi si mise all’opera.

Dal racconto del custode aveva rilevato come la dolente non solo chiamasse con voce lamentevole e straziante il suo morto, ma altresì che nelle aberrazioni del suo immenso dolore si illudeva che il morto poteva, doveva rispondere al suo appello di madre; beata se d’oltretomba le fosse arrivato anche un solo accento del suo Alfredo. E allora, di intesa col suo complice, Millevoye fece il primo passo.

La mattina seguente al primo schiarirsi dell’alba la donna entra come di consueto nel cimitero, s’inginocchia, si china sul tumulo per raccogliere i fiori appassiti del dl innanzi e sostituirli con altri fiori freschi e recenti che portava con sè, quando lo sguardo è attratto e si arresta su qualcosa che biancheggia, che si disegna tra i fiori del dì innanzi; stende la mano, e raccoglie il più leggiadro, elegante cartoncino, con tracciate a caratteri regolari, perfetti, misteriose parole. Legge; le par di sognare, sussulta, torna a scorrere quello scritto con visibile commozione; non dubita più; è la risposta di Alfredo agli angosciosi appelli dell’anima e del dolore paterno, per quale misteriosa via
del regno oltramondano formulata e spedita non lo sa, ma crede. Era così espressa:

«Quando tu o madre, prevenendo l’aurora, vieni al mio sepolcro recando baci e fiori, io ti vedo, io ti sento; sento i tuoi sospiri, i tuoi gemiti ripercuotersi in dolorosa eco nel freddo avello in cui riposa il tuo Alfredo. E anch’io ti parlo, sai; ma invano! Ah! che l’esile suono della immateriata voce dei morti, ad orecchio mortale più non arriva.»

Appena ebbe pronunciata la promessa consueta «a domani», la donna si tolse frettolosa di là per rifare traverso il bosco la strada del ritorno alla sua casa, beata che alfine si fosse ristabilito tra lei e l’adorato figlio l’antico rapporto della parola viva.

Millevoye, intanto vigilava l’andamento del pietoso stratagemma inteso a stappare una povera madre da imminente pazzia e fors’anche da tragica fine. Appena l’ombra della desolata svanì nel folto della boscaglia, corse al cimitero per sentire dal custode l’effetto prodotto dal finto messaggio ultramondano e dalla relazione di lui prese coraggio a tentare un secondo passo.

Il poeta, profondo conoscitore del cuore umano, sapeva come un dolore muto, ostinato, ribelle ad ogni conforto, uccida; ma se si arriva ad alleggerire il cuore dall’immane peso che lo schiaccia, per lo meno la catastrofe è scongiurata. Se si potesse intenerire quel cuore impietrito dalla sventura, se si potesse provocare uno sfogo di pianto, l’intento sarebbe raggiunto. Pensò come ottenerlo; e creduto di avere divinato il mezzo più convincente a quello scopo, si rimise all’opera col concorso indispensabile del custode del cimitero. E quando la povera madre, indi a qualche mattina di delusa aspettazione d’altri messaggi dell’adorato figlio, già ricadeva nel disperato suo dolore, ecco che al suo arrivo alla tomba del suo Alfredo trova un secondo biglietto, elegante e scritto in caratteri perfetti come il primo, e così concepito:

«Mai fiori più leggiadri dei tuoi, o madre mia, mai fiori più olezzanti vide o accolse questa terra di pianto prima che tuo figlio fosse qui sospinto dal barbaro voler della morte. E godo sotto questo gentile panno mortuario, composto dalle tue mani, da te rinnovato ogni mattina. Ma ahimè! questi fiori presto avvizziscono e dissecano sotto l’ardente sole. Se tu, o madre, li irrorassi delle tue lagrime ogni mattina, oh, che essi conserverebbero tutto il dì una freschezza che invano tenta donargli rugiada di ciel od acqua della terra, ed al tuo figlio verrebbe protratto il refrigerio, il gioire.»

Questo secondo biglietto colpì anche più la mesta genitrice; ma prima ancora di potersi dar conto più preciso di ciò che l’affannosa parola del figlio perduto implorava da lei, una crisi di pianto l’aveva già assalita e calde lacrime cadevano a bagnare quella tomba amata, quei fiori.

Millevoye, tosto informato dell’accaduto: — Se ha pianto — disse — allora essa è salva.

Restava però un ultimo ostacolo da rimuovere. La continua veglia, l’agitazione incessante avrebbero finito collo spezzare anche le fibre più resistenti; consumate le poche provviste che ancor restavano immagazzinate,