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IL BUON CUORE 175


Tunisini, Cinesi, Egiziani e Turchi.... In altri chioschi s’era raccolta tutta la varietà dei mercanti di piacere di Parigi! il più straordinario campo di fiera, che mai abbia visto il mondo. Ed in mezzo alla folla delle avventuriere, travestite in spagnole, bavaresi, olandesi, sgusciava la silhouette del pastore che distribuiva bibbie, del fakiro incantatore del muezzin, del bonzo. Sola, come un oasi, dove si raccoglieva di preferenza la folla infantile, un giardino d’Armida, sorto in riva alla Senna, offriva nel topore delle serre tutti i sorrisi di Flora, e nei bacini iridati, tra i boschetti artificiali, e nelle gabbie gigantesche, le meraviglie della popolazione acquea ed alata.

Quanti biasimi non sollevò contro gli ordinatori l’incanto vario di quel vestibolo incantatore. I biasimi eran fondati sul fatto che una gran parte dei visitatori s’arrestavan là senza varcare le soglie dell’edilizio centrale, dove l’Esposizione aveva la sua vera sede. Ma lo spettacolo anche lì dentro era fatto per compensare i più tenaci. Lungo un settore splendeva l’arte dei cristalli di tutti i paesi. Milioni e milioni di valori s’ani mucchiavano nella sezione scintillante dei diamanti. E di qua e di là, per le lunghe sale, s’allineavano gli sforzi umani verso le nuove scoperte, le nuove applicazioni industriali. Accanto agli antichi apparecchi a vapore, si mostravano le macchine docili e due nuovi agenti motori: il gas e l’aria compressa. Un nuovo metallo, leggero e resistente, purificato e bianco come l’argento, minacciava di sostituirlo; l’alluminio, e nuova anch’esso o quasi, nella sezione dedicata alla chimica, appariva una sostanza, destinata ad inaugurare tutta una nuova terapia umana: l’acido fenico.

Nel riparto delle arti del vestito, trovava il suo riflesso una lotta che si combatteva in quegli anni sul mercato del mondo, la lotta atletica tra l’industria del cotone e quella della seta da un lato, e l’industria della lana che tendeva già a sostituire da per tutto, i suoi propri tessuti. E là accanto anche si apriva una sezione, verso la quale andavano gli sguardi delle anime preoccupate dalle vergini dell’accentramento industriale, una sezione, dove si mostravano i prodotti dell’industria familiare, svolgentesi accanto al focolare domestico, sotto il tetto di paglia, nell’isolamento puro del borgo e della capanna: merletti venuti di Fiandra o dall’Alvernia o dalla Normandia, ricami di San Gall o d’Appenzell... Ed i sociologi, che non prevedevano allora lo strazio delle lagrime ignote» che doveva far condannare il lavoro a domicilio quarant’anni più tardi, si chiedevano allora pietosi: Quanto tempo ancora Vago muliebre e l’umile telaio a mano potran lottare contro la macchina dominatrice?

Certe sale mostravano già la tendenza che porta le democrazie ad attingere nell’antico tutto ciò che possa rendere venerabili le cose nuove. Gli artisti del legno, i decoratori, i tappezzieri esponevano, infatti, il risultato di mille sforzi convergenti, diretti a riprodurre i tipi del Medio Evo e della Rinascita cosi nei soggetti, come nei disegni e nei colori. La mania dello stile Luigi XV cominciava allora; e quella del gotico assumeva una nuova voga. E tra la mobilia nuova di forma,
le sedie e le poltrone a sdraio scandalizzavano le nobili matrone....

Intento a circondarsi di un’aureola di amico delle classi operaie, il secondo impero non aveva disdegnato di offrire un largo spazio ai mestieri modesti, ai fabbricanti di oggetti a buon mercato, nè di far posto, come in una apoteosi, ai documenti cronologici della storia del lavoro. Ma, accanto ad essa, accanto alla sezione delle belle arti, ove dominava, capolavoro unico — tra la mediocrità francese — il Napoleone morente dell’italiano Vincenzo Vela, tra la riproduzione dei prodotti esotici, e le gallerie dei monumenti d’oltre Alpe e d’oltre mare, una sezione risaltava come un incubo: quella degli istrumenti da guerra. La Francia vi aveva esposti le sue tende, i suoi forni di campagna, i pezzi tipici della sua artiglieria; ma vicino a lei la Prussia mostrava i suoi ordigni nuovi, ed un cannone mostruoso attirava, come una sfida, gli sguardi della folla errante, un cannone uscito dalle officine Krupp di Essen, un cannone prussiano....

(Continua).

Domenico Russo.

LA CUTRETTOLA



ANDREA THEURIET



Cinto di verdi giunchi e di mente,
Il mulin gira, destando lente
Note, a fior d’acqua.
De’ scolatoj l’eco risponde,
Che lì han lasciato, presso alle sponde,
Le lavandaje.
Madamigella cutrettoletta
Mira la vaga sua gorgieretta
Nell’acqua limpida,
E, in alto e in basso, senza mai posa
Agita e svolge la flessuosa
Coda per l’aria;
Sicché, a vederla sì ardita e bella,
Par che un maestro sia di cappella,
In cotta e tunica,
E del mulino guidi e governi
Le assidue voci e i moti alterni
Dei bassi trespoli.
Co’ suoi bei gesti indifferenti
D’affascinarvi par che si attenti,
E già vi ammalia.
Dalla riviera verso l’amena
Landa la gaia fata vi mena,
E da voi partesi.
Corre e svolazza sulla sottile
Sabbia, e s’invola quindi, simile
Al desiderio,
Che sempre sempre a noi precede
E da noi fugge, quando si crede

Poter raggiungerlo.

Pietro Caliari.