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IL BUON CUORE 205


intorno ad una cosa e ad un nome un rumore di sciabole. Così la cavalleria che vorrebbe essere un mezzo di riparazione silenziosa, e che condanna i tribunali legali e tribunali d’onore, accusando con qualche ragione i primi, ingiustamente i secondi, di far troppo chiasso, diventa un mezzo di propalazione fragoroso ed infallibile; una vera diffamazione per mezzo delle armi.

Se il duello accade poi per causa di donne senza macchia, l’effetto disastroso sopra di loro è identico. Chi non ricorda due fra i recenti duelli mortali che turbarono l’Italia e la Francia?

In uno rimase ucciso un marito indebitamente geloso, nell’altro l’uomo che invano aveva tentato di dar ragioni di gelosia al marito.

Ebbene anche in questi due scontri, in cui per un caso raro le ferite toccarono a chi aveva torto, le vittime ulteriori, le vittime che non avevano peccato neppure d’imprudenza, chi furono? le due mogli, oneste entrambe, entrambi custodi di quell’onore domestico che i mariti avevano voluto vendicare o difendere. Poichè i nomi di esse improvvisamente dal duello gettati in piazza, nonostante le giustificazioni dei loro mariti, furono colpiti da quelle sentenze che i sapienti da caffè pronunciano in certe occasioni: «eh! non c’è fumo senza fuoco!»

Ecco perchè tutte le donne dovrebbero insorgere contro uno dei titoli che il duello s’arroga, quello d’essere il vindice dell’onor loro. Dovrebbero per proprio interesse bollarlo come un atto d’egoismo maschile, che prende l’onore donnesco a pretesto e se ne servono così bene da ucciderli; mentre i due combattenti, cavatisene spesso con una graffiatura, sono anche capaci di celebrare la loro pelle salvata e la reputazione femminile straziata con una buona stretta di mano.

Nel Fliegende Blatter venne testè una caricatura in parecchi quadri rappresentanti un duello alla pistola. I duellanti tirano così bene, che ad ogni colpo cade un padrino. Quando i quattro padrini sono tutti stesi, i due, incolumi, si riabbracciano affettuosamente.

Nei duelli in cui c’entra una donna, questi quadri non sarebbero più una caricatura; sarebbero la realtà. Ad ogni colpo di pistola o di spada, la moltitudine degli oziosi accorre al rumore; capisce che lontano di II, sta nel pianto una donna fino a ieri ignota; ne apprende il nome, si pasce della sua colpa o calunnia la sua innocenza, e quando i due cavalieri hanno finito di spassarsi colle armi, e hanno propalato e disonorato il nome dell’infelice, allora proclamano ehe il loro onore di uomini è salvo.

F. Crispolti.





PENSIERI


Ricompriamo il tempo: la mezzanotte è vicina; lo Sposo non può tardare; teniamo accese le nostre lampade. Presentiamo a Dio i nostri cuori miseri, vòti, perchè Gli piaccia riempirli di quella carità, che ripara al passato, che assicura l’avvenire, che teme e confida, piange e si rallegra, con sapienza; che diventa in ogni caso la virtù di cui abbiamo bisogno.


NOTTE DI LUNA


Quando la luna placida e tranquilla
piove la luce sulle cose in calma,
ne’ cieli immensi fissa la pupilla,
sorella della mia io cerco un’alma.

E sognando, mi levo a un’emisfero,
dove stano coloro che ho perduto:
i miei cari, che avvolti nel mistero
della morte, più mai non ho veduto.

Tu allor pietosa, o luna risplendente,
destando in me gentil melanconia,
co’ tuoi candidi raggi dolcemente
quai susciti ricordi all’alma mia!

Non ho che un solo amore ardente e santo,
un amor puro che mi tiene assorto:
oh madre, io ti perdei, ma t’amo tanto,
la tua memoria è tutto il mio conforto.

Quando miro la luna a notte tarda
ed in me piove la sua luce bella,
parmi veder mia madre che mi guarda
e in estasi d’amor parlo con ella.

Oreste Beltrame.




PIO ISTITUTO OFTALMICO

L’Assemblea generale ordinaria dei benefattori del Pio Istituto Oftalmico di Milano ha avuto luogo alle ore 14 del giorno 18 corr.

Intervennero del Consiglio il vice-presideute conte Febo Borromeo, il sen. Mangiagalli, il comm. Corbetta, l’ing. Radice Fossati, l’ing. cav. Giovanni Carones. In rappresentanza della Regina Madre, benefattrice dell’Istituto, intervenne il marchese Gioachino d’Adda Salvaterra, per il Ministro dell’Istruzione Pubblica il Provveditore agli studi comm. Ronchetti, per il ministero dell’Interno ed il Prefetto il conte Cesare Pongileoni, in rappresentanza del Cardinale Arcivescovo mons. Emilio Girola. Si notavano ancora numerosi benefattori.

Il vice-presidente conte Febo Borromeo, aperta la seduta, ricordò l’opera compiuta dall’Istituto durante l’anno 1910, dopodichè invitò l’ing. Radice Fossati, segretario, di esporre i dati economici e morali di detta gestione. Quindi pregò il Direttore, cav. prof. Luigi Ferri, d’informare sulle risultanze sanitarie e scientifiche della gestione stesse.

Risulta dalla chiara relazione che le giornate di degenza ascesero, a 16.373, per 812 ricoverati con una degenza media di giornate 20,16 con la presenza media nell’Istituto di ammalati 44,85 per ogni giorno.