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364 il buon cuore
agnelle, sotto le mura di Tripoli! Povere donne del deserto alle quali gli invasori hanno trucidato i fedeli mariti a tradimento! Poveri beduini, gentiluomini, ai quali i nemici hanno confiscati i poderi, onestamente ereditati dagli avi! Invettive, sarcasmo ed ingiurie contro i loro nemici, che rinnegano le leggi della civiltà!

«Un momento, viennesi; sapete chi sono i nemici, contro i quali voi dovreste scaricare le vostre catapulte di sdegno e di morale condanna? Non temete, non vi parliamo della triplice nè dei patti di oggi. Dopo certi avvenimenti: si sa chè i patti moderni, stretti fra cristiani, non hanno molta consistenza. Vi ricordiamo la vostra storia, le grandi gesta del passato, le alleanze trionfali dei vostri nonni. Quando Solimano II invase l’Ungheria, chi mosse in aiuto contro i turchi? Gli italiani.

«A Belgrado, nel 1456, i turchi stavano per soverchiare i principi coalizzati. D’un tratto comparve agli avamposti un’alta figura di frate, col crocefisso in mano. I cristiani dietro a lui, corsero all’assalto e la Mezzaluna che già si vedeva sorgere sull’impero danubiano, tramontò. Il nome di quel frate? S. Giovanni da Capistrano.

«E non ricordate ancora nelle vostre cronache le infocate parole di Marco d’Aviano? Quando sopra Vienna si agitava oramai minacciosa la scimitarra del profeta, furono vostri alleati i veneti, i quali, sotto il comando vittorioso di Francesco Morosini, attaccarono i turchi alle spalle. Più tardi quando la monarchia d’Asburgo pareva dovesse soccombere un’altra volta, chi fiaccò definitivamente l’oltracotanza mussulmana? Il genio ed il valore italiano: Eugenio di Savoia».




Una nobile lettera del colonnello Fara

alla nipote di Alessandro Lamarmora

La Gazzetta di Biella pubblica questa nobilissima lettera che il valoroso colonnello Gustavo Fara, comandante l’11° bersaglieri — cognato afiezionatissimo dell’amico nostro rag. Carlo Mazzoni, tesoriere della Pensione Benefica per Giovani Lavoratrici — prima di partire dall’Italia per la Tripolitania, ove tanta gloria egli ed i suoi bersaglieri si conquistarono, mandò alla nipote di Alessandro Lamarmora:

Napoli, 7 ottobre 1911.

«Gentilissima Contessa,

«Nell’ora che il reggimento da me comandato si accinge a salpare alla riconquista della terra, che già seppe la grandezza della nostra gente e ancora ne conserva le vestigia, giunge a noi, dalla città dove posano le ceneri del Grande Fondatore, la Sua parola gentile di saluto e di augurio.

«A nome mio e di tutto il mio reggimento La ringrazio, fiducioso che essa ci sarà di fortuna, quando, a vantaggio della nostra patria, incontreremo i duri cimenti della guerra.

«Orgogliosi di essere chiamati a compiere il più ambito dovere di ogni Militare, avremo sempre innanzi alla nostra mente le gesta di coloro che prima ebbero la ventura di recare in battaglia il glorioso pennacchio.

«Con questa visione ognora presente, incontreremo il nemico, senza rimpianto se a prò del nostro scopo dovremo dare la vita, oltremodo felici se il destino ci riserberà di tornare nuovamente a rendere omaggio alla tomba del nostro Fondatore, avendo pie-
namenta corrisposto al fine che Egli si propose colla creazione del nostro Corpo.

«Nella speranza che i nostri sogni di vittoria e di gloria si compiano felicemente, Le porgo il riverente saluto mio e di tutto il mio reggimento».

LA MESSA AL CAMPO

in memoria dei Caduti dell’84° reggimento

Venerdì 3 corr., sono arrivati tre marinai a bordo di una torpediniera venuta a far carbone. Ho appreso da loro, tra l’altro, che le truppe di terra e di mare sono tranquille e si mantengono entusiaste delle operazioni. Il giorno 5 in tutti gli accampamenti e alle trincee furono celebrate messe su altari portabili, dinanzi a folle di soldati preganti, in armi col fucile tra le braccia.

Alle trincee di Bumeliana fu inaugurata, alla presenza d’una rappresentanza dell’84 Reggimento, una lapide ai caduti del 26; essa portava questa iscrizione:

LA SETTIMA COMPAGNIA

AI FRATELLI CADUTI EROICAMENTE

NELLA MATTINA DEL 26 OTTOBRE 1911

Il colonnello Spinelli pronunciò il seguente discorso rivolgendosi ai poveri giovani caduti:

«Al cospetto di Dio, in nome di S. M. il Re e per delegazione della Patria lontana, con lo sguardo e la fronte rivolta al nemico, su queste trincee bagnate dal vostro sangue generoso, io, vostro colonnello, incido il vostro nome glorioso. Alla storia immortale del vostro reggimento qui oggi vi consacro, o prodi, o valorosi».

Prima delle parole del colonnello Spinelli, il cappellano, dopo aver data l’assoluzione alla fossa dove dormono i nostro prodi fratelli, pronunciò un breve discorso:

«Soldati, fratelli in Cristo!

«Sacerdote della Chiesa e cittadino italiano ho avuto la consolazione di assistere ai prodigi di valore, all’eroico coraggio dimostrato combattendo dai figli giovani della Patria nostra. Disciplinati e pietosi essi sono caduti combattendo per il dovere e per l’onore della bandiera. Gloria ai loro nomi, suffragi alle loro anime. Non vi tremi il cuore, o soldati. Queste trincee sulle quali io spargo l’acqua benedetta propiziatrice di pace e dí civiltà sono un camposanto al quale trarremo inchinati ai voleri dell’altissimo Iddio. Preghiamo per le loro anime: preghiamo, o commilitoni, per i nostri cari lontani, per tutti, per gli amici e per i nemici. E state pronti, o soldati, sulle trincee e pel mare. Requiem aeterna dona eis Domine!».

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(CURA DI SALSOMAGGIORE).

I Figli e le Figlie del defunto Giovanni Zapelli per onorare la memoria del loro venerato Genitore e interpretando le sue intenzioni |||
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