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IL BUON CUORE 261


L’Italia finalmente, tratta dal classicismo della Rinascenza la passione dei temi solenni e togati, e quindi la paura di perdersi in soggetti giornalieri e frivoli, l’Italia, dico, appena cessato quel periodo di culto delle Corti e delle belle usanze, che sia pure con deplorevole paganeggiamento fece scrivere parecchi libri sia pur descrittivi e non profondi di savoir vivre e di mode, sdegnò di scendere a queste piccolezze: come se fosse mai piccolo per un osservatore ciò che implica disposizioni, difetti, qualità, pericoli del genere umano. A distrarci dagli studi sulla moda valse anche una riflessione comune e superficiale, che gli scrittori italiani, anche senza palesarla fecero e fanno sovente. Su quale sentimento umano. conca di solito la moda per assoggettarci a sè? O sulla nostra smania di far bella figura con l’obbedirla, o sulla nostra paura di esser segnati a dito se non la seguiamo. Vanità audace la prima; vanità tremante la seconda: ma vanità sempre. Che altro sembrava rimanere all’uomo serio per non biasimare in blocco queste debolezze, e quanto a sè stesso contentarsi di esserne scevro, e quindi credersi superiore ad ogni dominio di mode? Frattanto quello stesso uomo serio, mettendosi a tavolino per porre in carta il suo compassionevole dispregio non pensava che la sua calligrafia, nonostante le varietà individuali, si sarebbe subito riconosciuta come appartenente al suo secolo e ai suoi anni, poichè ogni tempo ha la moda calligrafica, ed egli la seguiva fedelmente: non pensava che l’acconciatura dei suoi capelli e della sua barba avrebbe testimoniato in favore di una seconda moda, per la quale sarebbe stato impossibile prenderlo per uomo d’altri tempi: nón pensava che i suoi stessi vestiti, se non rappresentavano esattamente il figurino di quell’anno preciso, rappresentavano a un dipresso la moda dei contemporanei suoi: non pensava, in una parola,’ che la moda è un’atmosfera in cui tutti siamo immersi, senza bisogno di sentimenti particolari e consapevoli che ci asserviscano ad essa; e chi pretende di poter dire a la sua miseria non mi tange» ha 4a stessa ingenuità di chi stando seduto e immobile credesse di non percorrere con la terra l’orbita solare. Senza aggiungere che una simile negligenza o altezzosità fa trascurare intanto il vantaggio di scoprire gli effetti potentissimi, talora buoni, tal’altra cattivi che una forza simile produce nella umanità. Ecco perchè in Italia gli stessi lodevolissimi sforzi odierni contro le mode riprovevoli, hanno pochissima eco. Il combattimento è troppo isolato, troppo sospetto di essere assoluto, senza gradazioni e senza ampia conoscenza della materia.

Ed ecco perchè ci siamo grandemente rallegrati a veder pubblicato il discorso intorno al Problema della moda che. l’anno passato nel Congresso internazionale delle leghe cattoliche femminili a Vienna fu pronunziato dalla illustre bartmessa di Montenach, dando conto di una inchiesta fatta su ciò presso tutte queste leghe. Dell’ampio problema un punto particolare e pratico essa assoggettò al voto del congresso, ossia ciò che la moda, guardata specialmente nelle vesti femminili ha in sè oggi di contrario alla decadenza per la sua forma, e alla economia domestica, specialmente nelle famiglie della piccola borghesia, e operaie, per le sue esigenze di lusso. Le conclusioni a cui venne e che furono accettate, facendovisi tesoro dei severissimi ammonimenti emanati specialmente in Italia dalle autorità ecclesiastiche, le quali appunto fanno quel che possono restringendosi ad un ufficio repressivo, raccomandavano alle donne cattoliche e loro associazioni di opporsi apertamente all’uso d’abiti sconvenienti, coltivando nella donna la cura dell’interno della casa e non quella del lusso esteriore, e promovendo la formazione del gusto secondo sani principi estetici e pedagogici. A tal uopo doversi diffondere la notizia degli scopi paganeggianti, cupidi e settari a cui mirano oggi i promotori delle mode nuove che sono più come.un tempo gli eleganti, ma industriali sopratutto di stoffe ed artisti che preparano abilmente dei veri colpi di borsa. A tal uopo converrà creare a Parigi con l’appoggio di una delle più grandi ’case un servizio d’informazioni per tutta Europa che aiuti a regolare la moda in maniera corretta e altamente distinta. Cercare l’aiuto anche nelle associazioni cattoliche di uomini. Aver l’occhio ai giornali di mode combattendo quelli pericblosi, che sono così frequenti, e promovendone, ove sia possibile, di quelli raccomandabili per ogni verso. Fare che gli elementi femminili delle leghe cattoliche coadiuvino la stampa nostra nella sorveglianza sopra le pubblicazioni di ogni specie, compresi gli annunzi, i cataloghi, le cronache, e che gli elementi stessi si of frano a collaborare nei così detti corrieri mondani e nelle pagine riguardanti usi, trattenimenti, vestiti femminili. Favorire in ogni modo nelle campagne la conservazione o la rinascita delle antiche foggie di vestire regionali. Questo schema di una azione universale da svolgersi fu accompagnatO da un esame di ciò che al tempo del Congresso si era già fatto qua e là nel senso desiderato. I maggiori tentativi di influire sulla forma del vestito in modo che risponda alla decenza, al