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284 IL BUON CUORE


illustrate — per l’occasione ne furono coniate in quantità con e senza cimeli verdiani anche a Busseto -- per esempio, mi si,è sbottonato dinanzi, e non solo in senso metaforico, poichè egli era nientemeno che un cimelio ambulante... recando addosso una giacca di seta che aveva appartenuto a Verdi, e che recava ancora i segni manifesti della sua autenticità! Se avete poi la fortuna di poter entrare in rapporti, sempre di «affari D, si capisce, con qualche bussetano,, allora la chiave che apre i cuori alle confidenze è trovata. E tra i simposi patriarcali, consumati bonariamente nelle sale vaste e sfogate, di qualche ospite gentilissimo che avvicinò intimamente il maestro e lo amò riverente, corrono queti e gai i conversari nei quali inevitabilmente il maestro in-j terviene di continuo, assai più che se fosse presente alla conversazione. Si parla per esempio del centenario della nascita, ed è ben naturale e lì si rievocan le feste intime che il Verdi tanto amava pel suo compleanno, in cui riuniva intorno a sè persone care, le quali magari per tutto l’anno non si facevan vedere a S. Agata, ma non volevan mancare in un giorno così specialmente solenne. E questa festa, contrariamente al parere degli storici e dei commemoratori ufficiali, il Verdi celebrava il 9 ottobre, dedicato a S. Donnino, patrono del luogo, poichè egli era convinto che quello fosse l’anniversario della sua nascita, e si faceva di un giorno più vecchio di quel che era voluto dai biografi ufficiali.

verdi iconoclasta. Il Verdi del resto non doveva aver troppa simpatia col feticismo per cui oggi si vorrebbe ridurre il mondo ad un museo. L’uomo che aveva dato al mondo opere memorande come a Aida» e «Traviata» pensava di aver legato il suo nome a qualcosa di meglio che ai ruderi delle Roncole, ed aveva meditato un giorno di acquistare la cascina dove era nato, nè più nè meno che per demolirla. Fortunatamente non riuscì al suo scopo, e così abbiamo un monumento nazionale a cui peregrinare, e un tema di più per considerare, se per caso non vi avessimo mai riflesso, che il genio nasce nelle stamberghe più umili, e Che col valore proprio vince gli ostacoli che si opporrebbero al suo fulgoreggiare. Verdi del resto non era conservatore per ciò che lo•riguardava, o almeno non lo voleva: essere: fin da molti anni prima della morte egli aveva fatto incetta, acquistandole anche a caro prezzo, di tutte le carte che egli aveva lasciato in giro a Busseto durante la sua dimora in quel luogo, e si ha ragione di credere che esse costituissero buona parte del materiale che si trovava chiuso nelle due casse che il maestro volle inesorabilmente condannate al rogo. Evidentemente il maestro non voleva essere conosciuto che nella edizione ufficiale per dir così delle sue opere: e quindi man mano egli ne ultimava, nel giorno del distacco, per lui dolorosissimo, dalla creatura alla quale aveva dato tanta consuetudine

di cura affettuosa, riuniva anche in un fascio tutti gli abbozzi, gli schizzi, i pentimenti che durante la composizione lo avevan turbato, e che eran stati il crogiuolo traverso cui era venuta formandosi la pura opera di bellezza, e li condannava al rogo: ma poichè troppo amava quei frammenti, pur tuttavia volendo sottrarli alle indagini dei critici, dei quali egli non aveva mai mostrato troppa stima, si limitava a raccoglierli in fasci e in cartelle e a scrivervi sopra a da bruciare». Avvenne così che, distrutte le due famose casse, distrutte con lacrime di molti, come si ricorderà, subito dopo la morte del maestro, per parecchio tempo si vennero scoprendo in angoli e cantucci dimenticati della villa di S. Agata, di questi pacchi di sfogliazzi,.sui quali la scritta a da bruciare» non rispettata per decenni dal maestro istesso, e non ricordata, a differenza delle due famose casse, neppur nelle disposizioni testamentarie, può interpretarsi forse più come una indicazione del nessun valore da attribuirsi a quelle carte, che non come una ingiunzione espressa dalla volontà del maestro. Se poi Verdi non aveva avuto il coraggio egli stesso di abbandonare quei fogli che registravano i primi vagiti delle sue creature, era forse troppo pretendere che questo coraggio dovessero averlo i suoi eredi, troppo investiti della importanza del deposito a loro affidato, e troppo devoti alla memoria del loro grande parente, per distruggere cimeli tanto preziosi, solo per la presunzione di un desiderio, che tuttavia non venne chiaramente espresso. D’altra parte a questa specie di espropriazione a cui il genio deve soggiacere ci siamo in certo modo abituati, e la nostra legislazione in proposito non si fa alcun scrupolo di sottrarre a lui la proprietà esclusiva per metterla a vantaggio della generalità.

A Sant’Agata.

Dopo queste notizie si può ben comprendere come, sempre parlando «d’affari», sia naturalissimo di dare una capatina a S. Agata, dove la messe di notizie verdiane può essere ancora più ricca. Anche qui se voi vi recate in veste di «pellegrino» siete ricevuto con la cortese freddezza di chi deve lasciar visitare i locali che il grande occupò e che rivivon delle sue memorie, e che questa sua cortesia ripaga col dover introdurre estranei in,casa propria ad ogni ora del giorno; se vi recate per caso, e con qualche amico della famiglia, nel tranquillo recesso, dove Verdi trascorse la più gran pran parte della sua vita, non avete più soltanto la fredda e rigida visione degli oggetti, allineati e schierati, quetamente, come nelle severa solitudine di lin museo, ma la memoria viva del maestro risorge traverso l’amorevole narrazione dei parenti. Curiosa ed interessante è sopratutto la visita delle due camere -dove si raccolgono i cimeli verdiani quando si voglia esaminarne con occhio scrutatore ed indagatore il contenuto. Ecco accanto al letto del grande uno scaffaletto dove si allineano, in una