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306 IL BUON CUORE


ospitalità. Tutti, anche se non amano i quadri e disprezzano la,cultura, devono aiutare a far uscire i soldati da Palazzo Farnese. Non vi potranno entrare, poi, altro che istituti di coltura. Nè il conte Barattieri si accontentava del progetto nelle sue linee generali, ma ne dettagliava anche il finanziamento. Prevedeva le spese, e calcolava le entrate. Ministero della guerra e ministero della pubblica istruzione, Comune e privati avrebbero dovuto variamente concorrere ad attuare questa iniziativa che non chiedeva, semplicemente, il trasporto di un Museo, ma interessava in un complesso movimento quasi tutti gli istituti cittadini. • •

P. Corna parlando, nel suo volume, di Paldzz.o Farnese, augura nuovamente che vi ritorni quella vita di coltura della quale è degno. E accenna, altrove, a un’altra questione pure importantissima: la costituzione di un archivio cittadino. Mi diceva appunto in, questi giorni alcuni episodi della sua esperienza di studioso. Ma è inutile ripeterli: son le solite tristezze. Son le solite famiglie antiche che libano le vecchie scansie dell’archivio famigliare da ammassi di carte non mai lette, e le vendon a dieci centesimi al chilo: e lo studioso, al quale forse fino a ieri si era negato dai padri gelosi il permesso di veder queste carte, deve correre ora dal tabaccaio e dallo stracciaio a ricomperare quel che può ritrovare della vendita fatta dai figli. Non par possibile, a chi non ha consuetudine di questi studi, tanta inconsapevolezza; e pure son fatti di ogni giorno e di ogni città. Anche degli impiegati dell’Ospedale Maggiore di Milano qualche anno fa mandavano al macero una intera raccolta di grida e proclamazioni, che risaliva fino al secolo decimoquinto! Ma almeno in tutte le città c’è sempre qualche Archivio piccolo o grande che qualcosa riesce a salvare. A Piacenza non c’è nulla. A Piacenza appunto ora c’è più d’un archivio privato che sta per dissolversi; potremo dirne i nomi: e lo studioso con ansia sta vigile a temere dove tanta ricchezza di documenti si disperderà. Basterebbe che l’iniziativa cominciasse ad attuarsi, perchè immediatamente si componesse un Archivio copiosissimo, con documenti preziosi, d’ogni istante, di vita cittadina, dal Medio-Evo ad oggi. La questione, nella sua immediata urgenza, deve essere trattata e risolta in Piacenza, per sè. Ma dopo che sia risolta, non potrà non essere di grande giovamento a tutte le questioni che stanno attorno a Palazzo Farnese.: perchè anche questo Archivio cittadino potrebbe trovare degna sede in questo palazzo ampio e magnifico. • •

Io sono andato apposta óra a Piacenza, per sape re con precisione quali ostacoli si siano opposti, nel 19o9, ai propositi del conte Barattieri. La consueta indifferenza della gente, che lascia. cadere tutti i problemi di coltura come se non fossero della loro vita più intima e non decidessero di tanto della loro fortuna: e poi una folla di piccole sciocchezze. Una delle quali, per esempio, è che Palazzo Farnese non è nel centro: come se a Piacenza le distanze contassero, e Palazzo Gazzola fosse proprio nel mezzo della piazza dei bei cavalli. La ragione è questa: che oggi Piacenza può ricordare, quando la vanità cittadina lo chiede, di avere un Museo, e può dimenticarsene facilmente appena ci sia qualche cosa da fare. Domani, invece, con Palazzo Farnese sede di istituti di coltura, ci vorrebbe anche una vita vivace e degna, di coltura. Ebbene: se ci vorrà uno sforzo di pensiero a liberarsi dal presente facile ozio intellettuale, se ci sarà una s mma maggiore di precauzioni, non è detta che debbano essere pensieri e preoccupazioni dannose. Anzi: l’attività del pensiero è sempre feconda: e non si deve mai temere di compiere una cosa solo perchè dopo compiuta bisognerà pensare sul serio a conservarla tenerla viva. Guardino, i piacentini, a Parma. Oggi si lamentano che ormai tutte le opere d’arte e le cose interessanti per la loro città siano deftnitivaménte accentrate a Panna: in Pinacoteca, in Museo, in Archivio. E si fermano in una cascante rassegnazione. Ma se i quadri che sono alla Pinacoteca di Parma dovessero anche restare tutti là, i piacentini dovrebbero avere la conoscenza di quanto ancora e sempre sono ricchi: di quanto ancora e sempre hanno virtù e valori da attivare e far conoscere. E’ questo riconoscere gli altrui primati • è inutile dannoso accettare sudditanze schiavistiche. E quali organi attivi di vita intellettuale hannD oggi i piacentini per ricreare la loro storia? La Pinacoteca a Parma... l’Archivio a Parma... Così io credo che l’iniziativa del conte Barattieri più che ostacoli deliberati e opposizioni ferme, sia caduta allora per un momento di fiacchezza spirituale, che non era solo a Piacenza. E oggi che le al tre città rinnovano i loro monumenti in un’onda di amore attivo, riordinano le loro pinacoteche o nuovamente le costituiscono: anche Piacenza deve e può fare questo. Nel tgoo era posto innanzi ai piacentini l’esempio solo del Castello e dei Musei di Milano: oggi ci son Brescia e Viterbo, Prato e Urbino, dieci e dieci città che diversamente hanno compiuto o stanno compiendo questo. E c’è anche un esempio in Piacenza stessa. Da moltissimi anni gli af freschi del Pordenone in Santa Maria di Campagna continuano a rovinarsi per l’umidità che dal terreno pervade le pareti della chiesa e rode i dipinti. Il Testi chiedeva provvedimenti: P. Corna pubblicava un volume sulla chiesa e sui dipinti pregevolissimi che lo ornano, per richiamare l’attenzione degli studiosi e delle autorità: gli ar