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IL BUON CUORE 339


dello storico, ne ebbero visione, ancorchè attenuata, per mezzo di articoli sparsi nei giornali e nelle riviste politiche letterarie. Come Guglielmotti seguisse l’opera costruttrice di Brin e della costui scuola si intenderà di leggeri. Non vedeva egli nel Duilio, nell’Italia, nel Ruggero, nonché negli incrociatori protetti, la giustificazione delle proprie dottrine? Infatti nel Giornale di Viaggio del Padre ai foglietti del quale affidava le fugaci impressioni e che tra breve la Rassegna Nazionale pubblicherà integralmente, leggo che a Genova, dietro una visita all’Arsenale ed alla corazzata- Conte Verde, appunta: «La fregata Conte Verde, costruita già a Livorno, qui si corazza con l’istesso metodo di Francia e di Inghilterra, cioè tutta l’opera morta, un metro di vivo e più; cassero e:spedale a prua e ponte di legno. La batteria sui fianchi è in un suo ordine. La Roma è al Molo Nuovo costruita alla Foce del Bisaglio; esssa pure con quel cassero a prua che non mi sembra buono a batterla, -ma solo a respingere da prua i colpi di mare e da coprire uno spedale». Vede poi in cantiere a una fregata nuova in costruzione, a corazza parziale sul centro e a scompartimenti stagni», e qui aggiunge: «il suo disegno è quello che sin ora più si accosta al mio ideale. La batteria è tutta sul centro, cioè quattro pezzi che battano sulle diagonali, dieci sui fianchi e due in testa, in tutto sedici». E soddisfatto in parte (non del tutto, veh!) rivedeva le galeazze di Lepanto; di Lepanto cioè della giornata di cui era stato storico così veritiero e così austero che il volume su a Marcantonio Colonna» aveva indotto lo spagnuolo Padre Sanchez a comporre il suo «Felipe II y la liga del 1572 contra el Turco» che meglio che l’apologia del Re, era invettiva furiosa contro il nostro storico. Dell’uomo che ho tentato tratteggiare è stato a mala pena celebrato il centenario natalizio. Adesso, però, Civitavecchia, fedele alle promesse fatte allora, si appresta ad onorare decorosamente il suo grande e saggio cittadino. JACK LA BOLINA.

VICTOR HUGO per l’insegnamento religioso

In quest’ora culminante per l’accentuata lotta elettorale politica, i discorsi s’incrociano colle invettive, e i candidati e gli elettori, i comitati e i giornalisti si affannano a bandire le loro dottrine, cagionando una enorme confusione. Specialmente in tema di religione, è ben difficile trovare, tra migliaia di programmi, una frase limpida, sincera, che sia franca manifestazione dell’intimo sentimento di chi parla o scrive: siamo — a parte qualche eccezione — in pieno opportunismo. Appunto a questo spettacolo tutt’altro che educativo, noi riteniamo opportuno contrapporre l’esem

pio che diede un vero genio, Victor Hugo, il quale trattando dell’insegnamento religioso al Senato francese, così si esprimeva in una memorabile adunanza del 185o:» Giammai si potrà per colpa mia ingannarsi su quello che dico nè su quello che penso. «Lungi dal voler proscrivere l’insegnamento religioso; esso, è, notatelo bene, esso è, a mio avviso, più necessario oggi che mai. Quanto più l’uomo si fa grande tanto più deve credere. Più s’avvicina a Dio, tanto più deve veder Dio. (Movimento). a Dovere di tutti, chiunque siamo, legislatori o vescovi, sacerdoti o scrittori, è di spargere, di dispensare, di prodigare, sotto tutte le forme, tutta l’energia sociale per combattere e distruggere la «miseria» (Bravo a sinistra) e in pari tempo di far levare tutte le teste al cielo (Bravo! a destra) di dirigere tutte le anime, di rivolgere tutte le aspettazioni a verso una vita ulteriore», in cui «giustizia n sarà fatta, e in cui a giustizia» sarà resa. Diciamolo ben alto: «Nessuno avrà nè ingiustamente, nè inutilmente sofferto!» La «morte» è una restituzione» (Bravissimo! a destra. Movimento). La legge del mondo Materiale è a l’equilibrio», la legge del mondo ’morale è a l’equità». a V’ha una disgrazia ai nostri tempi, direi quasi non v’è che una disgrazia: ed è la tendenza di mettere tutto in questa vita. (Sensazione). Nel dare all’uomo per fine e per segno la vita terrestre e materiale si aggravano tutte le miserie alla negazione che vi sta in capo: alla oppressione dei miseri si aggiunge il peso insopportabile del nulla; e di ciò che non era che la sofferenza, cioè la legge di Dio, si fa la disperazione, cioè la legge dell’inferno. (Lungo movimento). Da ciò le profonde convulsioni sociali. (Sì!

Sì!). a Io sono certamente di quelli che vogliono — e nessuno di quanti mi ascoltano può dubitarne — io sono di quelli che vogliono, non dico con sincerità chè la parola sarebbe troppo debole: «io voglio con ardore irreprensibile e con tutti i mezzi possibili» migliorare in questa vita la sorte materiale di coloro che soffrono; ma il primo dei miglioramenti è quello di dar loro la speranza (Bravo!) Oh! come diminuiscon le nostre miserie terrene quando ci consola una speranza senza fine. (Benissimo!). a Dio si trova alla fine di tutto. Npn dimentichiamolo e insegniamolo a tutti: non vi sarebbe nessuna dignità a vivere, e questa non ne varrebbe la pena,

se dovessimo interamente morire! a Ciò che allevia le nostre fatiche, ciò che santifica il lavoro, che rende l’uomo forte, saggio paziente, benevolo, giusto e a un tempo umile e grande, degno dell’intelligenza, degno della libertà è — d’avere innanzi a sè la perpetua visione di un mondo migliore che brilla attraverso le tenebre della vita. (Vi va ed unanime approvazione). a In quanto a me, poichè vuole il caso che io parli in questo momento e che sì gravi parole escano da una bocca sì autorevole, mi sia permesso di dirlo