Pagina:Il buon cuore - Anno XIII, n. 29 - 2 agosto 1914.pdf/3

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nio poetico che la Spagna vanti — genio eminentemente cristiano — le grandi scene dell’epoca nostra. Impresa nobilissima che fa parte del programma di applicazione del motto storico di Pio X «Instaurare omnia in Christo». Anche al teatro ha da rivolgersi tale missione: al teatro che tanta parte è dell’attività intellettuale dei tempi presenti e che nella vita dei popoli viene prendendo un posto sempre più preponderante. La Società di Calderon, tedesca, dà a questo riguardo un esempio che giova sperare non andrà perduto nei paesi latini. Io ricordo il tentativo di molti anni fa in Italia, e precisamente in Milano, a favore del teatro pubblico onesto; un tentativo che non ebbe, disgraziatamente,. tutto quell’appoggio che doveva incontrare e sul quale si faceva assegnamento. Ma quello che allora non riuscì potrebbe riuscire oggi: potrebbe riuscire domani. La Società di Calderon dimostra con l’opera sua che tale riuscita non è un mito.

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Mette conto conoscere un po’ da vicino questo dramma meraviglioso, che è la glorificazione del Sacrificio dell’Altaí-e e che dovunque venne rappresentato ha lasciato una impressione profonda, della quale io trovo traccia anche in quanto ora scrivono i giornali protestanti e liberali di Basilea — l’Atene svizzera. Un breve prologo. Sul proscenio appare l’Ignoranza che si lagna della sua insufficienza nelle cose religiose e prega calorosamente le si rechi aiuto. Compare la Saggezza inviata da Dio ad illuminarla e scioglierne i dubbi. L’Ignoranza chiede le si spieghi il Mistero della Santa Messa ch’è solito frequentare. Qui si leva il sipario. Ecco Adamo. Curvo sotto il peso della colpa si prostra ed invoca da Dio misericordia e grazia. La Saggezza che insieme coll’Ignoranza rimane sul proscenio, in disparte, spiega questo fatto come il principio e il «Canfiteor» della Messa. Partito Adamo s’avanza Mosè, maestoso; l’accompagnano angeli recanti le tavole della legge e l’arca dell’alleanza. Mosè prega fervidamente il Signore perchè mandi il Messia e perchè tragga gli uomini dal •buio dell’errore allo splendore della luce. La Saggezza segnala in ciò l’Introito e il «Kyrie». Un coro di fanciulli ha fino a qui cantato melodie flebili; adesso risuona gioioso, intonato da Giovann Battista, il «Gloria»: Iddio ha accolto le suppliche del’genere umano ed invia il suo Figlio unigenito, Gesù Cristo. Allo scoppio del Gloria s’alza un sipario che nasconde il fondo della scena: •ecco Cristo circondato da angeli e dagli apostoli, quasi in gloria sull’altare che domina il palco. Gli squilli ed i canti festosi del «Gloria» hanno riscosso, spaventati, `l’ebraismo ed il gentilesimo, che accorrono per contrastare. a Cristo. I) primo chiama in aiuto il suo campione Saulo. Con calma maestosa il Salvatore IN un cenno all’apostolo Giovanni che in santo entusiasmo conferma la divinità del Cristo. Saulo n’è talmente eccitato che snuda la spada e si lancia contro

Giovanni; una voce risuona: «Saulo, perchè mi perseguiti?» e l’aggressore cade a terra ed alla sua volta riconosce che Gesù è figlio di Dio; Saulo si chiama quindi innanzi Paolo, ed a piè del Redentore prende a scrivere l’epistola agli Ebrei che annuncia ad alta voce mentre Giovanni legge agli uditori intenti l’ammirabile suo Vangelo: «E in principio era il Verbo....». Con parole soavi ma recise il Salvatore ricorda che non basta udire e vedere; l’Evangelio esige la fede vivente; e Giovanni e Paolo in uno splendido dialogo recitano il Credo. Ciò produce nel gentilesimo un cambiamento totale: esso si converte al cristianesimo. Il giudaismo invece permane indurito e per credere alla divinità di Cristo pretende segni e miracoli. Gesù prende vino dalle anfore delle nozze di Cana ed acqua dalle onde del Giordano. Il vino puro è un simbolo della divinità; l’acqua rappresenta l’umanità. E come l’acqua commista col vino ne prende il colore e l’odore così l’umanità viene innalzata alla divinità. Poi il Salvatore offre al suo padre celeste il calice in espiazione del peccato dell’uman genere: è l’Offertorio. All’«Osanna» del «Sanctus» Gesù si ritrae insieme con gli apostoli e con gli angeli. La Saggezza spiega all’Ignoranza che il corteo solenne raffigura l’ingresso di Gesù Cristo in Gerusalemme. A questo punto la scena muta. Un uragano ottenebra l’orizzonte. Atterrito, il giudaismo scende a precipizio dal Calvario e narra, in preda a rimorsi ’cocenti, la passione di Nostro Signo’re. La Saggezza frammischia alla narrazione le sue spiegazioni. Alle singole parti della Passione corrisponde una parte della Messa dalla transustanziazione fino alla comunione. Tuttavia il giudaismo persiste nella sua durezza di cuore; e vi persiste anche all’apparizione del Risorto. Ma con sguardo profetico Giovanni l’Evangelista annuncia che anche per il giudaismo verrà l’ora in cui aprirà gli occhi. A quel modo che il Messale, sul finir della Messa, viene rimosso dal lato del Vangelo così anche negli estremi giorni del mondo tornerà ai giudei la Grazia. E nel giudizio universale il Salvatore sentenzierà sui vivi e sui morti «lor impartendo l’ultima benedizione ed insieme l’ultima maledizione». L’«Auto» si chiude con un magnifico quadro vivente e con un maestoso coro unisono.

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«Si scrive e parla molto attualmente — dice il «Va.terland» di Lucerna (il principale quotidiano cattolico della,Sv,i,zzera)— del «Parsifal» del Wagner, ma in esso si guarda più alla musica che alla sostanza. I «Misteri della Messa» sono una glorificazione assai più profondamente concepita del Sacrificio del Nuovo TeStamento e sommamente degna di essere portata sulle nostre scene, specialmente negli Istituti e nei Collegi». Il giornale lucernese rileva poi come attori di professione che insieme non siano anche animati da sinceri sentimenti religiosi non possono darne una rappresentazione efficace. Prova l’esecuzione di Colonia dove quella Compagnia teatrale non diede i «Misteri della Messa» che una