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IL BUON CUORE 87


ce, e ben cara, ce l’ha già procurata, e ce la procura colla fede che pose e mantiene nel nostro cuore; l’altra, e ben viva, ben gloriosa, è quella che ci procurerà quel giorno nel quale presentandoci al Padre dirà: costui non si è vergognato di me dinnanzi agli uomini, anch’io non mi vergogno di lui dinnanzi a voi, o Padre mio. La parola di Cristo al Padre sarà per noi il cielo.

L. V.

L’è ora de finilla!

L’è ora de finilla! Avii capii? O mazzador de tanta bella gent. Ve sentii minga in coeur on gran torment, Pensand a tutt quj mort, a quj ferii? Perchè la bella forza che g’havii La doperee per fa el prepotent? N’anca on barlumm g’havii de sentiment? Propi nagott in l’anima sentii? Al post del voster coeur g’havii on gran sass. Sui spall g’havii on crapon scombussolai,, Ch’el sping tanti bei giovin a mazzass! Gh’aziii in di vena on microbo birbon Che de fa di malann l’è mai saziaa! Per desfesciall? Mandav tutt duu al foppon. FEDERICO Bussi.

I Signori del Sahara Ben poco sí sa di ciò che riguarda i Tuareg, questi abitatori dello sconfinato Sahara i quali, nonostante i trattati europei ed a dispetto della influenza francese e dell’opera dei nostri ufficiali, sono ancora i veri dominatori di quel deserto, di un territorio, cioè, la cui superficie misura quasi metà di quella degli Stati Uniti. Questa popolazione bianca di colore e generalmente civile, appartiene etnograficamente alla cosidetta razza caucasica, razza originaria di quella parte dell’Africa che si estende a nord del Sudan, e di quell’epoca in cui il Sahara era una regione sommamente fertile, coperta qua e là di paludi e intersecata da grandi fiumi. Di questa razza, a dire degli scienziati, erano anche i nostri antenati, e il ramo mediter,

raneo di essa al quale appartengono i Tuareg, è strettamente affine ai rami iberico, corsico, italico e greco. Probabilmente per il fatto che, mentre la parte settentrionale dell’Africa sempre più inaridiva, più scarso nutrimento essa offriva ai suoi abitatori, questi rami europei della razza caucasica in tempi sconosciuti a noi lasciarono ’in migrazioni successive la loro regione, e si stabilirono nelle terre più fertili poste a nord del Mediterraneo, ove in più, favorevoli condizioni di clima e di suolo rapidamente si accrebbero e si civilizzarono. I Tuareg, tuttavia, rimasero fedeli alla terra nativa, alla loro regione che a poco a poco divenne ciò ch’essa è ora, uno dei più vasti e desolati deserti sparsi sulla faccia del globo. Così è che i Tuareg ancora mantengono le caratteristiche fisiche e le qualità intellettuali della razza da cui derivano, e il loro metodo di vita, stante la natura del territorio ch’essi abitano, è del tutto differente da quello dei loro più civili cugini di Europa. Anch’essi, però, sono civili al punto da sapere quasi tutti leggere e scrivere nella propria lingua, detta Tamahak; molti, inoltre, conoscono l’arabo, e alcuni parlano anche un linguaggio sudanese. L’aridità del Sahara costringe i Tuareg a condurre senza tregua una vita nomade in cerca della scarsa quantità di acqua e pascoli, di cui possano nutrirsi gli armenti che formano la loro unica risorsa. Essendo un popolo estremamente povero, essi suppliscono alla scarsità di alimento fornito loro dal nroprio bestiame o depredando i loro vicini o servendo come guide e difensori alle carovane che attraversano il territorio della tribù alla quale essi appartengono. Le ricche carovane, che composte ancora talvolta di oltre duemila carrelli carichi di merci, traversano il Sahara, offrono, passando per la zona abitata da una tribù rivale, un’esca troppo attraente a quei nomadi senza legge, e ben raramente avviene di attraversare il deserto senza avere almeno un serio scontro con quei formidabili predoni. Gli Arabi con dottieri di camelli, benchè all’occasione valorosissimi, per nessun conto vorrebbero avventurarsi nel territorio dei Tuareg, senza venir prima a patti con i capi delle tribù in mezzo alle quali debbono passare, e senza pagare il prezzo da essi richiesto, per averne un salvacondotto e protezione entro i limiti della loro zona. Grazie tuttavia, alla occupazione francese della parte settentrionale del Sahara, le vie che conducono in Algeria sono divenute relativamente sicure. Speriamo che presto si possa dire altrettanto delle vie che conducono al Fezzan ed in Tripolitanià. Tutti gli uomini Tuareg nascondono i loro volti con maschere di cotone generalmente nere, e si tolgono mai la maschera neppure in seno alla propria famiglia. Qualunque sia l’origine di questa usanza, certo è che essa offre i suoi vantaggi in un clima come quello del Sahara. Per questa loro specialità e