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IL BUON CUORE 263


parola che suoni dedizione dell’anima sua a noi che in cambio gli gettiamo un tozzo di pane In Samaritano non catechizza, non polemizza: con un gesto semplice e simpatico lo solleva e gli usa tutti i riguardi che si devono a un fratello. Certo sfamare l’intelletto, illuminare la coscienza è atto nobile, più nobile che sfamare uno stomaco. Ma intanto se il tuo fratello ha freddo, è parola di San Giacomo, è derisione che fili 1,o catechizzi sui suoi doveri religiosi e lo mandi altrove a cercarsi un po’ di fuoco. Catechizzare è opera ardua, dare un po’ di pane è cosa che tutti poSsono fare. Ma poi chi non sa vedere nelle opere di misericordia, dignitosamente esercitate, una nobile ed efficace forma di apostolato? L’atto del credente che si piega verso l’incredulo, ne medica le ferite e priva sè stesso dei comodi della vita per farne dono all’avversario, non è questa una eloquente testimonianza alla bontà dello spirito che ci guida? Se noi vogliamo vivere dello spirito di Gesù dobbiamo essere operosi e intelligenti nella nostra carità. Non partire da presupposti empirici, ma adattare la nostra azione ai bisogni, alle esigenze anche dei no-. Iri fratelli. Nell’attuale crisi sociale, ad esempio, con i ro la fiumana d’odio che tenta sommergi e il lavorio dei nostri padri nella fede, non basta sventare le arti (lei nuovi maestri, non basta sfatare le calunnie addensate attorno a persone e cose che ci sono care. Non basta ’lavorare per illuminare le intelligenze, sebbene sia questo un lavorio urgente e indispensabile. Ma bisogna inoltre, quasi direi in prima riga, interessarsi dei bisogni materiali del prossimo; aiutarlo nella sua eVoluz’one, rendergli meno disagevole l’ascensione verso il benessere materiale e il possesso di quei vantaggi che sono reclamati dalla sua coscienza e da un equo criterio di giustizia distributiva. Quando le turbe si affollavano attorno a Gesù e per ascoltarlo - andavano incontro a privazioni, Gesù dapprima le satollava e poi parlava loro del regno di Dio.

Fa questo e vivrai! Con uno slancio unico del cuore ama’ Dio e tutte le sue creature, amale creature senza restrizioni, come ami in Dio tutti i suoi attributi: fa questo e vivrai! Che dolce parola: Vivere! Vivere, cioè sentire nel proprio organismo potente il fremito di tutte quelle energie che costituiscono la vita. Vivere! Aver.l’intelletto affinato e fissb alla verità come l’aquila ha fisso l’occhio;l sole: l’intelletto libero da strettoie, da pregiudizi, da errori. ViVere aver la volontà alacre, decisa e forte per seguire sempre il bene. Vivere! e nel cuore sentire il fascino di tutti gli entusiasmi le at_ trattive per tutte le cose nobili. Vivere! e nella pienezza della vita, conte da ara che arde, spargere tutto attorno a sè scintille di luce, vampedi calore, correnti di simpatie che richiamano altri a fare il bene, ad abbracciare la verità. Vivere! e sentirmi per un legame misterioso unito alla immensa falange degli uomini (li buona volontà che per vario cammino, senza posa, migrano verso la casa del Padre che è nei cieli: Vivere,

vivere sempre, sempre operoso, sempre sentire nella propria anima il formarsi di nuove correnti di energia! Dolce e sublime! O Maestro, che posso io fare per conseguirla cotesta vita? G. G. Hoc fac et ViVCS. Ama e vivrai.

La Celluloide

Non si sa con precisione da chi sia stata fatta la scoperta della celluloide; certo è che nel 1855 un certo Parkès, abitante di Burry-Port, nella provincia di Galles, prendeva un brevetto che gli riservava in Inghilterra il Monopolio della fabbricazione di una sostanza destinata a sostituire il ’caucciù e la gutta= pera e à questa sostanza, che egli preparava colla pirossílina dava il nome di parkesina. Intorno al 1865 un industriale di Birmingham, un certo Spiers, fondava a Londra tino stabilimento per la produzione della.riloide, sostanza che,non era altro che la moderna celluloide, nome con cui essa fu fatta conoscere da due americani, i fratelli Hyatt: questi diedeio alla fabbrica della «Celluloid Manifac_ turing CompanY)i un grande sviluppo e istituirono

  • una succursale della medesima in Francia, a Stains,

presso Parigi. I francesi cercarono di gareggiare con la produzione:Arai-nom, e aprirono tre fabbriche, una delle quali, a Gravel ín Normandia, sussiste ancora. La fabbricazione della celluloide è un’operazione delicata e tutt’altro che scevra di pericoli; essa consiste essenzialmente di una mescolanza di cotone fulminante e di canfora, sostanze che vengono incorporate ricorrendo all’alcool; alla miscela poi Si aggiungono delle sostanze per colorarla nel modo voluto. oppure per renderla opaca: Ottenuta la perfetta omogeneità della miscela, la si comprime in appositi stampi per mezzo di un torchio idraulico, e se ne fanmí rnie lastre dello spessore di 8 a io millimetri, (lel peso di 200 gramrifi l’una. Per la celluloide destinata alla fabbricazione dei fiori artificiali e all’imitazione dell’ambra, si adoperano 103 chilogrammi di fulmicotone, 5o di canfora e so di alcool a 96 gradi. Nella preparazione della celluloide che serve per fabbricare i crisi detti articoli (li Parigi, le proporzioni sono: fulmicotone ioo kg.,canfora 20, tolneno 42, alcool so. Le lastre di celluloide, vengono laminate, poi coni primendonc molte una su l’altra, se ne formano dei blocchi di circa un quintale ciascuno, che poi.vengono tagliati in pezzi della grossezza voluta. Un’operazione di capitale importanza nella fabbricazione della celluloide è la stufatura: i fogli prima di essere compressi in blocchi, vengono collocati in stufe ventilate e riscaldate a una temperatura variante da 6o a 65.centigradi; e lì vengono lasciati per un tempo che può variare da otto giorni a tre mesi. Lo scopo (li questa stufatura è di far asciugare la celluloide, liberandola dall’alcool che essa coni iene: in