Pagina:Il cavallarizzo.djvu/220

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LIBRO TERZO 112

non già per che ciascuno di noi non sia piu atto di me a fare questo giuditio, da che ciascuno di voi è venuto al colmo del sapere aggitar cavalli, & di molt’altre virtù insieme, così per cortesia vostra possi disgravarmene, & dar il peso à che havrà miglior spalle che non ho io da sopportarlo. Piacque a ciascuno concederli che ciò facesse, per vedere chi aggravar ne volesse; & egli rivolto all’Illustrissimo Signor Pompeo Colonna anch’esso à caso trovatosi con noi quel giorno, per haver havuto savocondutto da sua Santità disse: gran torto vi si farebbe signore il torvi cotal giuditio, & pero accettate il peso di gratia che, & di ragion vi viene, & noi di comune parere vi doniamo. A che subito s’interpose il Comendatore dicendo, non fate Signor Giulio, perchè io havrei il Signor Pompeo, sì come ho per capitano Eccellentissimo, & cavallier valorosissimo, per giudice sospetto: per la qual cosa fu riso alquanto, ma il Signor Giulio non aspettando altra risposta, a noi dunque disse Cavallier Prospero tocca tal carico. Al che consentimmo tutti, & tutti aplaudetimo, non curandosi ch’egli fosse giudice, & parte. Et così non piacendo a nessun di noi ch’egli facesse altra scusa, ne risposta, gl’imposemo che tacesse, & che desse principio al dimandare. Et così fu dato principio alla tenzone, & al Dialogo tra’l Comendador Prospero, & Claudio Corte. Il Dialogo adunque in dui è questo.