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DEL CAVALLARIZZO

cavalli come l’Aquila tra li uccelli, & il delfino tra pesce. Si cava ancora dall’Africa gran copia di boni cavalli, come da i popoli Massilij è da Numidi, ai quali si regeno senza freno, come vogliono alcuni, & massime Martiale. Et Massileum verga gubernat equum, & il caval Massileo governa con la verga, & non col freno; come vol anco Lucano quandice. Et gens quae nudo residens massylia dorso. Ora levi flectit frenorum nescia virga, che vol dire.

I. Massilij cavalcan cavai nudi,

Et senza fren governan con la verga

Questo ci demonstran’anco divinamente le pitture eccellentissime di molti celebrati pittori, & massime quelle del più che homo Michelangelo Fiorentino, fatte nella capella di Paolo Terzo sommo Pontefice. Et lo dimostran anco le statue molto antiche de i più famosi scultori. I cavalli Libici ancor essi per la qualità de’ paesi, come i sopradetti sono cavalcati assai, & mal trattati per negligentia de’ patroni loro, & però sono magri, & piccoli, ma allenati molto, & attissimi a supportar con patientia la discotesia, che gli usano i patroni, sono velocissimi, essendo nel corpo molto essercitati. Et da qui si cava il proverbio, quando si bello, & bon cavallo, ma magro, & maltrattato, di dire, egli ja il patron litico. Dal Settentrione, come è à dire dalli Elvetij, havevano boni cavalli molto forti, & animosi, & atti alla guerra. Et similmente dalli popoli Algoici li quali durano lungo tempo secondo Camerario. Dalla Scitia ancora uscivano boni cavalli arditi & assai veloci, ma piccoli disubidienti, calcitrofi, & ribelli; & per questo gli castravano dice Strabone. Da i Sarmatici uscivano boni cavalli ancora, & atti assai per la guerra, & per lo più castrati nell’età tenera. Perche i Sarmati credeno, che di poi la castratura i denti non più caschino, & che i nervi si fortificano. Et io affermarei con l’auttorità di Alberto Magno che i cavalli gran corridori, & veloci, si devesseno castrare; accioche i nervi non se gli indurino, & ritirano dal calor del corpo. Et certo è, che la castratura a’ cavalli giova molto in molti modi. Ma non però si deveno castrare i cavalli atti alla guerra, & bellicosi. Perciò che se bene gli fa quieti, & li libera da molte infirmità, & vitij: non per questo resta che non gli faccia ancora timidi, deboli, & spaventosi. Il che si deve schivare sopra ogni cosa ne’ cavalli da guerra. Da Francesij uscivano pochi boni cavalli, & per questo credo che Plauto gli riprendesse in quel proverbio, che dice sint veliores Gallicis cantherijs. Che vuol dire dileggiando, siano più vili de i cavalli Francesi, i quali per la viltà, & poltroneria loro gli domanda cavalli castrati. Non dimeno io ho visto in molti luoghi della Francia di molti boni, & valorosi cavalli, & se ne vedono tutta via da per tutto, ò nella più parte di quel paese. Et credo che il mal nome, che hanno quei cavalli gli avenghi per carestia d’homini,