Pagina:Il cholera in Barberino di Mugello - Carlo Livi, 1855.djvu/51

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molti essere stati colpiti di peste, pel solo terrore contratto a veder di lontano o sentirsi passar sotto le finestre senza vederlo il carro de’ morti; e Willis asseriva, che nelle epidemie vajuolose, que’ tali che si fanno tanta paura del vajuolo, sono i primi ad ammalare; e Rogers, che infierendo malattie contagiose, la paura aggiugne loro le ali, ne intristisce il veleno, e ne raddoppia il furore.

Nè con questo intendo togliere alle comunicazioni, mediate o immediate che sieno, quella parte che da una classe di medici sapientissimi loro si attribuisce nello svolgimento del morbo cholerico, per concederla tutta alla paura, che deesi tenere in conto di causa potentissima. Mai no: ma ardisco dire, che avendo più cause davanti efficaci a produrre la malattia, come infezioni miasmatiche, contatti, paure, sregolatezze dietetiche, non si può accagionarne quella che più ne talenta, quasi il capriccio e la simpatia e non la logica dovesse dar la sentenza: ma conviene far bene una disamina relativa, ed osservare quante più volte una data cagione concorresse e quante meno fallisse a produrre l’effetto, per misurarne e dedurne quindi la relativa efficacia: nè certamente a’ contatti toccherebbe la minor parte.

Quindi, se un epidemista di puro sangue m’escisse fuori e dicesse: tu hai citato casi assai di contatti, ma provami, che le altre cause noverate non fossero valide a nulla, che il solo contatto fosse il solo movente; forse altri no, ma io si nella mia pochezza mi troverei imbrogliato a rispondere. Potrei rammentargli per esempio il fatto della donna di Cirignano; ma egli mi risponderebbe secco: mancarono costì le cause miasmatiche, ma la paura concepita pe’ racconti del marito fu forte; io