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292 Capitolo decimo

stabili, gli straordinarii e avventizii. Il suolo si lacerava per lasciar passare i demonii, o per ingojare vivi gli scellerati maggiori. L’inferno era come un mostro immane sul cui corpo si moltiplicavano le bocche, avide di procacciare nuova pastura al ventre voraginoso. Non senza ragione dunque si vede rappresentato l’inferno, nelle pitture e nei misteri del medio evo, sotto la forma di una mostruosa bocca di drago che divora anime e vomita turbini di fiamme e di fumo.


L’inferno è il regno del dolore e del bujo, come il paradiso è il regno della letizia e della luce. Le tenebre vi sono dense, profonde, fatte in qualche modo consistenti. La dolorosa valle d’abisso, dice Dante,

Oscura, profond’era e nebulosa,
     Tanto, che per ficcar lo viso al fondo,
     Io non vi discernea nessuna cosa.

Essa è il cieco mondo, il loco d’ogni luce muto, la cui eterna caligine è rotta solo dai sangui-