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L'inferno 297


In inferno capitavano anime d’ogni qualità e condizione, anime di papi e d’imperatori, di frati e di cavalieri, di mercanti e di giullari, di donne impudiche e di fanciulli malvagi; tutte le classi, tutte le professioni gli pagavan tributo e tributo larghissimo. Il cómpito principale dell’umanità, il fine de’ suoi lunghi travagli pareva esser quello di vettovagliare l’inferno. Le anime, o erano catturate e trasportate dai diavoli, o precipitavano nell’abisso come tratte da una specifica, gravità di peccato. Un eremita dell’ottavo secolo, san Baronto, vide i demonii portar l’anime in inferno con la frequenza che mostrano le api, quando, fatto il loro bottino, se ne tornano all’alveare; sant’Obizzo (m. c. 1200) vide cader le anime in inferno fitte come neve, e santa Brigida dice in una delle sue Rivelazioni che le anime le quali piombano ogni giorno in inferno sono più numerose delle arene del mare. Quante ce n’entrano in paradiso? Nessuno lo dice.

Molte volte furono vedute le turbe dei diavoli portare le anime a volo per l’aria. Così ne fu portata l’anima di Rodrigo, ultimo re dei Goti