Pagina:Il mio Carso.djvu/119

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una biscia, e tentava di strattarti dalla terra. Ma io, ridendo benignamente, le sputavo fra i denti fradici di sangue, e ti aiutavo da buon fratello affondandoti col pugno, sicchè il tuo manico incassava un solco sempre più fondo nella schiena stroncata, e la sua pancia s’appiattiva contro il suolo, il suo strido s’inveleniva come un cantino sempre più strinto più strinto. ― Stinc! Hai dimenticato? i suoi bei mostacchi da ratto! Rigido d’ozio tu sei! o via! Ecco che nel frassino tu fai il tuo netto incasso triangolare, e ne geme un succo biancastro come sangue marcito. ― Come? Eh, eh! tu hai sete di più buon liquore, Silenzioso! La vendetta dissecca. Vieni qua: dammi un bacio! Come tu ridi! Caro. Zitto! La torre municipale batte l’ora. Va bene: è proprio l’ora. La città schifosa è laggiù, nel fumo e nella luce. Andiamo, Silenzioso.

Natura, io ti ringrazio. Tu m’hai fatto libero, e ti ringrazio. Io ero pieno di legge e di dovere. Io sapevo cosa era la bontà e cos’era il male. Ma tu mandi gli uomini cattivi e poi mandi altri uomini per vendicarti di essi. Li strappi, con un piccolo atto, dalle preoccupazioni del mondo, e li fai tutti tuoi, per la vendetta. Tu fai morire i buoni per i tuoi giusti fini. Tu ci fai spremere d’angoscia per i tuoi giusti fini. Tu ci crei e ci annienti per i tuoi giusti fini. Natura tu sei dal principio dei tempi giusta, e io ti ringrazio d’avermi fatto nascere. Io t’obbedisco, o divina e buona natura.

Che vuoi con questo tuo bimbo sano che fai crescere nell’amore di te? Aspettiamo che cresca, vuoi? Aspettiamo che venga su e lavori e ami. Ora riposa. Lascialo riposare, natura. Egli ti vede bella come la sposa e parla con santità