Pagina:Il mio cuore fra i reticolati.djvu/172

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la presenza, più che dalla voce del suo corso, dal gran silenzio che gli si faceva intorno, che voleva significar la vicinanza del nemico, la mancanza di protezione naturale, la presenza di mille pericoli e insidie a ogni passo: i soldati chiamavano quella, la «zona minata».

Venne l’ordine di poggiare a sinistra staccandosi dalle immediate vicinanze del fiume per rasentare una collinetta, dietro la quale la truppa si sarebbe accampata. Ancora due o tre kilometri e poi si giunse al luogo designato: S. Lorenzo di Mossa. Quivi la truppa fu disposta a terra per passare la notte in angolo morto, e al mattino proseguire la marcia verso le posizioni in linea, per il «cambio» alle truppe che da quasi due mesi aspettavano di andare a riposo. Ma la notte non era tranquilla. Evidentemente si doveva preparare qualche cosa, da una parte o dall’altra, perchè quel che si chiamò poi «bombardamento tambureggiante», cioè senza un attimo d’intervallo, ululò tutta la notte sulla testa degli accampati, mostrando in lontananza le fiamme delle nostre bocche da fuoco che cercavano di guastare le difese nemiche, e gli scoppi paonazzi delle risposte avversarie, che cercavano paralizzare quel fuoco: il duello che s’incrociava a mezz’aria sul capo dei fanti spettatori, era quello di