Pagina:Il podere.djvu/27

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Il saluto dell’assalariato gli destò simpatia per tutti gli altri; e, perchè si sentiva arrossire d’essere ormai il padrone, non gli rispose. L’assalariato, credendo che fosse per superbia, gli voltò le spalle; e se n’andò nel campo, fischiettando. Quando fu in fondo allo stradone, tra i due filari delle viti più belle di tutte le altre, si fermò; e, guardando Remigio, sorrise di scherno; poi, prese lungo una fossacciola. Berto era curioso di conoscere come Remigio si sarebbe comportato e avrebbe fatto; sapendo che non s’intendeva di agricoltura; e che, secondo le voci di tutti, purtroppo vere, si trovava senza denaro e con parecchi debiti del padre.

Intanto, Berto e gli altri due assalariati avevano capito che potevano non obbedirgli; perchè egli, dovendosi rimettere ai loro pareri, almeno che non avesse preso un fattore, non avrebbe potuto nè meno rimproverarli. Così, le prime volte che egli aprì bocca per arrischiare qualche osservazione, gli risposero, ridendogli in viso, che sarebbe stato impossibile fare differente da come avevano fatto.

Stando su l’aia, dove mancava poco che non sdrucciolasse per via della pàtina di fango e dell’erba spuntata tra mattone e mattone, vide Tordo uscire dalla stalla; e gli disse:

— Bisogna dare subito lo zolfo alle viti.