Pagina:Il tesoro.djvu/114

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ciava ad adottar tutte le civetterie e le grazie delle ragazze nuoresi.

Non saltellava più, ma il padrone continuava a dirle quel tale motto; e quando Alessio era presente e lo udiva, ella diventava rossa come il melograno e piangeva segretamente.

Ma aveva un progetto col quale sperava di por fine al tormento. Più volte, visto che Costanza non si recava più ad Oliena, invocò il permesso d’andarvi da sola, a piedi.

— Tre ore, tre ore sole, padrona mia!

Ma Agada rispondeva di no.

— Eh, c’è tempo! Andrai con Costanza quando sarà filata tutta la lana che dovete portar alla tessitrice di Oliena. — Ma questo non era che un pretesto, e la gita di Costanza veniva rimandata di giorno in giorno, in attesa della risposta alla lettera di Elena Bancu.

Ma in settembre la risposta non era giunta. Ormai le Brindis diffidavano; s’erano pentite d’aver rivelato la storia del tesoro; sentivano che, arrivasse o no la risposta, fosse vera o falsa la cosa, poco conto dovevano farci.

Un solo filo di speranza le univa ancora al caro sogno perduto; e un giorno, essendo filata tutta la lana, Costanza e Cicchedda montarono sulla cavalla di Alessio e s’avviarono ad Oliena. La servetta non stava in sè dalla gioia; col viso in aria diceva una sciocchezza ad ogni passo della cavallina, e Costanza, guardando innanzi a