Pagina:Il tesoro.djvu/153

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lasciò capire ch’ella era innamorata di lui. Salvatore aggrottò le sopracciglia e diventò pavonazzo.

— La mando via, la mando via.... o piuttosto mando via te.... Ricordati ciò che ti ho detto tre mesi fa... passavamo laggiù! — gridò, tendendo il braccio verso il monte Palas de Casteddu.

Alessio, che fumava semisdraiato per terra, strinse le labbra intorno al cannello della sua pipa elegante, con atto di derisione e di suprema noncuranza, ma, in una specie di sogno, continuò a pensare alla fanciulla. Era un desiderio indefinito che lo pungeva e lo dominava da parecchio tempo: ma egli non si curava neppure di esaminarlo o combatterlo, tanto si riteneva superiore ad una simile passione. Non curava di più le avvertenze e le minacce di Salvatore; e non si divertiva con Cicchedda, non per onestà o indifferenza, ma perchè credeva di degradarsi abbassandosi a lei.

Quando però le stava vicino, e la sentiva palpitare e smarrirsi sotto il suo sguardo, e la vedeva così bella e fresca, così piena di passione per lui, molte tentazioni lo assalivano, il suo occhio diventava fondo, e gli occorreva una fredda potenza di volontà per dominarsi.

Mentr’egli pensava a lei nell’ovile della montagna, ella puliva la farina d’orzo sognando di lui. Ogni tanto, invitata dal monotono volteggiar dello staccio, si provava a cantare, ma la voce le moriva in gola: aveva freddo, era triste, pre-