Pagina:Il tesoro.djvu/179

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biancheggiante sui vetri, si spandesse dentro; le fiammelle delle steariche quasi consumate si fecero lunghe e vivide, dando un rapido riflesso violaceo alle foglie sempre fresche e lucenti dell’edera sulle pareti.

Maria cominciò con voce un po’ tremula e sommessa, alterata dalla pronunzia del latino: Cosimo la sentiva come scendere dall’alto, e senza dimostrarlo l’ascoltava intensamente.

— Più forte! — disse una voce.

Maria si rinfrancò, e con la voce alzò gli occhi, inebbriandosi della sua angoscia sovrumana, che solo quella preghiera, che solo quella musica, suonata da chi causava il suo indicibile dolore, potevano in qualche modo esprimere e calmare. Gli ascoltatori non sorrisero più; le donne impallidirono, invase da un bisogno di piangere per quel dolore misterioso ed occulto che gemeva nell’invocazione della soavissima preghiera. E la voce diventava sempre più alta, più dolcemente straziante; e l’invocazione pareva un singulto di suprema disperazione, di estrema speranza.

Una ruga si disegnava fra le sopracciglia di Cosimo; le pareva che le note, sotto le sue dita bianche di decadente, fossero lunghi spilli d’oro, d’argento, di cristallo, che gli foravano e illuminavano il cuore come raggi proiettati da un’alta luce interna, abbagliante ed acuta.

Da tre notti egli non dormiva: quella notte