Pagina:Il tesoro.djvu/313

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dicava con la rigidezza di donna Francesca o col sarcasmo di Cosimo.

Dapprima, nel suo malessere, se n’era annoiata, ma ora s’inteneriva e guardava supplichevolmente la madre come per dirle:

— Lasciatemi andare, mamma....

Ma la mamma rispose di no; Alessio si alzò rigido, ed Elena vide passargli una grande ombra negli occhi.

— Allora scusate — diss’egli tirandosi la berretta sulla fronte, con un fiero gesto — scusate il mio ardire.

— Scusa tu — disse Elena, accompagnandolo fino al pianerottolo. — Se fosse stato possibile, io ne avrei avuto tanto piacere.

— Sì, è vero, è impossibile! — diss’egli con un sorriso amaro, mettendo un piede sul penultimo gradino della scala, e fermandosi. — Ma era una carità.... era il desiderio d’una moribonda....

Elena provò un leggero tremito e si sentì più male del solito, e l’indomani, spargendosi la voce che Cicchedda era morta, s’inquietò e rattristò, nel dubbio che il rifiuto della sera prima avesse aggravato lo stato della moribonda.

Donna Francesca, per contentarla e rassicurarla, mandò verso l’imbrunire una domestica, per informarsi se la notizia era vera.

La domestica andò in casa d’Alessio, e ritornando con aria misteriosa e solenne disse: