Pagina:Il tesoro.djvu/343

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camente chiuse, battè con violenza. E la mano picchiò sulla porta quasi con la stessa violenza.

Venne ad aprire una domestica, con gli occhi rossi e gonfi, e la testa imbacuccata in un fazzoletto nero.

— La signora Bancu? — chiese Paolo sapendo che ad ogni modo sarebbe uscita Elena a riceverlo.

— Favorisca — disse la donna precedendolo con passo grave per la scala semibuia.

Nel salotto eguale penombra. Paolo restò in piedi vicino alla porta, fissandola intensamente; un tremito leggero, ch’egli cercava invano di dominare, gli agitava la mano sinistra.

Era una vibrazione indefinita, che partiva dal cuore, una vibrazione di gioia, d’attesa e d’inquietudine.

Perduta la sensazione del tempo, in quella penombra silenziosa, i pochi minuti d’attesa parvero lunghissimi; il tremito aumentava, comunicandosi al polso, a tutto il braccio.

Il movimento della porta che si apriva lo rese ancor più forte, ma invece d’Elena apparve Peppina Marchis, e appena Paolo l’ebbe distinta sentì la sua mano chetarsi.

Peppina s’avanzò col suo bel passo aristocratico, la testa un po’ indietro, fissando Paolo.

— Scusi, signore — disse con evidente sorpresa — lei è a Nuoro?