Pagina:Iliade (Monti).djvu/26

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v.448 libro primo 15

Braccio abbisogni. Perocchè delira
In suo danno costui, ned il presente
Vede, nè il poi, nè il come a sua difesa450
Salvi alle navi pugneran gli Achei.
   Disse; e Patróclo del diletto amico
Al comando obbedì. Fuor della tenda
Brisëide menò, guancia gentile,
Ed agli araldi condottier la cesse.455
   Mentre ei fanno alle navi achee ritorno,
E ritrosa con lor partía la donna,
Proruppe Achille in un subito pianto,
E da’ suoi scompagnato in su la riva
Del grigio mar s’assise, e il mar guardando460
Le man stese, e dolente alla diletta
Madre pregando, Oh madre! è questo, disse,
Questo è l’onor che darmi il gran Tonante
A conforto dovea del viver breve
A cui mi partoristi? Ecco, ei mi lascia465
Spregiato in tutto: il re superbo Atride
Agamennón mi disonora; il meglio
De’ miei premii rapisce, e sel possiede.
   Sì piangendo dicea. La veneranda
Genitrice l’udì, che ne’ profondi470
Gorghi del mare si sedea dappresso
Al vecchio padre; udillo, e tosto emerse,
Come nebbia, dall’onda: accanto al figlio,
Che lagrime spargea, dolce s’assise,
E colla mano accarezzollo, e disse:475
Figlio, a che piangi? e qual t’opprime affanno?
Di’, non celarlo in cor, meco il dividi.
   Madre, tu il sai, rispose alto gemendo
Il piè-veloce eroe. Ridir che giova
Tutto il già conto? Nella sacra sede480
D’Eézïon ne gimmo; la cittade