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v.450 libro undecimo 273

Cadean d’Ulisse Ippódamo e Ipiróco.450
Contemplava dall’Ida i combattenti
Di Saturno il gran figlio, e nel suo senno
Equilibrava tuttavia la pugna,
E l’orror della strage. Infurïava
Pedon tra’ primi battaglianti il figlio455
Di Peone Agastròfo, e non avea
L’incauto eroe dappresso i suoi corsieri,
Onde all’uopo salvarsi; chè in disparte
Lo scudier li tenea. Mirollo, e ratto
L’assalse Dïomede, e all’anguinaglia460
Lo ferì di tal colpo che l’uccise.
   Cader lo vide Ettorre, e tra le file
Si spinse alto gridando, e lo seguiéno
Le troiane falangi. Al suo venire
Turbossi il forte Dïomede, e volto465
Ad Ulisse, dicea: Ci piomba addosso
Del furibondo Ettorre la ruina.
Stiam saldi, amico, e sosteniam lo scontro.
   Disse, e drizzando alla nemica testa
La mira, fulminò l’asta vibrata,470
E colse al sommo del cimier; ma il ferro
Fu respinto dal ferro, e non offese
La bella fronte dell’eroe, chè il lungo
Triplice elmetto l’impedì, fatato
Dono d’Apollo. Sbalordì del colpo475
Ettore, e lungi riparò tra’ suoi.
Qui cadde su i ginocchi, puntellando
Contro il suol la gran palma, e tenebroso
Su le pupille gli si stese un velo.
Ma mentre corre a ricovrar Tidíde480
La fitta nella sabbia asta possente,
Si rïebbe il caduto, e sopra il carro
Balzando, nella turba si confuse

Iliade, Vol. I 18