Pagina:Iliade (Monti).djvu/352

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v.594 libro decimoterzo 19

Inonorato il re troian lasciava.
Venne a lui dunque, e così disse: Enea595
Chiaro de’ Teucri capitan: se cura
De’ congiunti ti tocca, il tuo cognato
Esanime soccorri. Andiam, la morte
Vendichiam d’Alcatóo che un dì marito
Di tua sorella t’educò bambino,600
E ch’or d’Idomenéo l’asta ti spense.
   Si commosse l’eroe racceso il petto
Del desío della pugna, ed alla volta
D’Idomenéo volò. Nè già si volse
Come fanciullo in fuga il re cretese,605
Ma fermo stette ad aspettarlo. E quale
Cinghial che sente le sue forze, aspetta
In solitario loco alla montagna
De’ cacciator la turba: alto sul dosso
Arriccia il pelo, e una terribil luce610
Lampeggiando dagli occhi i denti arruota,
Di sbaragliar le torme impazïente
Degli uomini e de’ cani: in tal sembianza
Fermo si stava Idomenéo, l’assalto
Aspettando d’Enea. Pur volto a’ suoi,615
Ascálafo chiamonne ed Afaréo
E Dëipíro e Merïone e Antíloco
Mastri di guerra, e gl’incitò con queste
Ratte parole: Amici, a darmi assalto
Corre il figlio d’Anchise: egli è di stragi620
Operator gagliardo, e ciò che forma
Il maggior nerbo, ha pur degli anni il fiore.
Io son qui solo, nè del par la fresca
Gioventù mi sorride. Ove ciò fosse,
Con questo cor qui tosto glorïoso625
O lui mia morte, o me la sua farebbe.
   Disse, e tutti gli fur concordi al fianco