Pagina:Iliade (Monti).djvu/49

Da Wikisource.
38 iliade v.347

Gli fa la schiena rubiconda; ond’egli
Di dolor macerato e di paura
S’assise, e obbliquo riguardando intorno
Col dosso della man si terse il pianto.350
Rallegrò quella vista i mesti Achivi,
E surse in mezzo alla tristezza il riso;
E fu chi vôlto al suo vicin dicea:
   Molte in vero d’Ulisse opre vedemmo
Eccellenti e di guerra e di consiglio,355
Ma questa volta fra gli Achei, per dio!
Fe’ la più bella delle belle imprese,
Frenando l’abbaiar di questo cane
Dileggiator. Che sì, che all’arrogante
Passò la frega di dar morso ai regi!360
   Mentre questo dicean, levossi in piedi
E collo scettro di parlar fe’ cenno
L’espugnatore di cittadi Ulisse.
In sembianza d’araldo accanto a lui
La fiera Diva dalle luci azzurre365
Silenzio a tutti impose, onde gli estremi
Del par che i primi udirne le parole
Potessero, ed in cor pesarne il senno.
Allora il saggio diè principio: Atride,
Questi Achivi di te vonno far oggi370
Il più infamato de’ mortali. Han posto
Le promesse in obblío fatte al partirsi
D’Argo alla volta d’Ilïon, giurando
Di non tornarsi che Ilïon caduto.
Guardali: a guisa di fanciulli, a guisa375
Di vedovelle sospirar li senti,
E a vicenda plorar per lo desío
Di riveder le patrie mura. E in vero
Tal qui si pate traversía, che scusa
Il desiderio de’ paterni tetti.380