Pagina:Iliade (Romagnoli) I.djvu/144

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350-379 CANTO IV 89

350mischiato tu vedrai di Telèmaco il padre fra i primi
dei cavalieri troiani. Ma tu spargi chiacchiere al vento».
     Ed Agamènnone re, vedendolo irato, rispose:
«O di Laerte figlio divino, scaltrissimo Ulisse,
rimproverarti piú non intendo, né darti consiglio:
355ché nella mente tua, da sé, lo so bene, il tuo senno
ciò che bisogna fare comprende; e tu vuoi ciò ch’io voglio.
Via, se qualche parola spiacevole adesso t’ho detta,
poi ne faremo ammenda: ne sperdano i Numi il ricordo».
     E, cosí detto, qui lasciatili, ad altri si volse.
360Ed il figliuolo trovò di Tidèo, Dïomede superbo,
che tra i cavalli stava, tra i solidi cocchi di guerra.
Di Capanèo vicino gli stava il gagliardo figliuolo.
Stènelo; e s’adirò, vedendolo quivi, l’Atríde;
e, a lui, parlando, queste parole veloci rivolse:
365«Ahimè, figlio del prode Tidèo, domator di cavalli,
ché ti rimpiatti, ché stai guardando la lizza di guerra?
Caro al cuor di Tidèo non era, cosí rimpiattarsi,
ma, precedendo i suoi compagni, affrontare il nemico.
Cosí dicea chi all’opra lo vide: ch’io mai non lo vidi,
370né m’imbattei con lui: fra tutti, diceano, era primo.
Ospite, senza armati, giunse egli una volta a Micene,
con Poliníce divino, per quivi raccogliere gente;
ch’essi di già contro Tebe divina mossi erano a campo.
Molto pregarono lí, per avere sí prodi alleati.
375E pronti erano quelli, disposti alle loro richieste,
ma li distolse Giove, mandando funesti presagi.
Or, poi che furono mossi, già innanzi nel loro cammino,
vicino ai letti d’erbe dell’Àsopo, ai fitti giuncheti,
un’ambasciata quivi mandaron gli Achivi a Tidèo,