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469-498 CANTO IV 93

d’Antènore, gagliardo, nel fiore degli anni. La madre
470lo generò, del Simèto vicino alle sponde: era quivi
a sorvegliar le greggi discesa coi suoi genitori;
e lo chiamaron perciò Simesio. Né al padre, alla madre,
render pote’ le cure: ché presto compie’ la sua vita;
e dalla lancia d’Aiace magnanimo cadde trafitto,
475che lo colpí mentr’egli moveva. La lancia di bronzo
sotto la mamma destra s’infisse, ed uscí da la spalla.
E a terra egli piombò, nella polvere, pari ad un pioppo
che dritto e liscio cresce nel mezzo d’un’ampia palude:
qui le radici; e i rami si spaziano altissimi in cielo;
480ed un maestro di carri lo taglia col lucido ferro,
per poi curvarlo, e farne la ruota d’un fulgido carro;
e giace arido il tronco, del fiume vicino alle sponde.
Cosí percosse Aiace divino il figliuolo d’Antemio,
Simesio. E fra le turbe, di Priamo il figlio guerriero
485Àntifo, contro lui vibrò la sua lunga zagaglia,
né lui colpí; ma Leuco, d’Ulisse diletto compagno,
nell’anguinaia colpí, mentre via trascinava un defunto.
Ei sovra il morto piombò, ché il corpo di mano gli scórse.
Ed ecco, d’ira il cuore d’Ulisse avvampò per l’ucciso.
490Dove le prime schiere pugnavano, mosse, fulgente
tutto nel bronzo, avanti si fece, lanciò la zagaglia
vibrando attorno gli occhi. Si fecero lungi i Troiani,
mentre quel prode il colpo vibrava. Né il colpo fu vano:
Democoónte colpí, di Priamo figlio bastardo,
495ch’era d’Abído giunto, sui rapidi suoi corridor.
Ulisse lo colpí, crucciato pel morto compagno,
sopra una tempia; e uscí fuor fuori la punta di bronzo
dall’altra tempia: buio si stese a coprirgli le ciglia